Questo è l'anno d'oro dei videogiochi italiani

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Tecnologia

Questo è l'anno d'oro dei videogiochi italiani

È appena finita la Milan Games Week, e sembra che improvvisamente sia arrivato il momento della rivincita per i videogiochi italiani.

Game Breakers è la serie di Motherboard sull'industria del videogioco italiana, tra firme d'autore, studios indipendenti e tornei, raccontiamo il flusso creativo che sta invadendo l'Italia.

Quattro anni fa, nel 2012, ho partecipato all'organizzazione di una conferenza a tema videogiochi: mentre il palco principale ospitava personalità come Matt Hooper, American McGee e Warren Spector, mi sono occupato insieme ad altri ragazzi dello stand dedicato agli sviluppatori indipendenti italiani. Nonostante i grandi nomi coinvolti, la conferenza fu un totale fallimento: l'affluenza era estremamente bassa e tutti gli sforzi fatti paragonabili a un vuoto a perdere.

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Gli sviluppatori indipendenti che avevamo invitato ne uscirono comprensibilmente delusi: la cosa mi colpì non poco—Quella decina di studios si era fidata di noi e della possibilità che gli stavamo offrendo, e noi non eravamo stati capaci di soddisfare anche alla lontana le loro modestissime aspettative. Negli anni successivi ho conosciute altre dozzine di addetti ai lavori: la qualità dei loro progetti era decisamente eterogenea, l'unico comune denominatore è che tutti ci credevano davvero una cifra in questa faccenda di fare i videogiochi per vivere.

Con tutta la dovuta modestia del caso e seguendo da vicino ormai da parecchi anni la scena dei videogiochi indipendenti in Italia, ho visto parecchia merda passare sotto i ponti. Spesso e volentieri, quando mi ritrovavo a questionare con i diretti interessati la qualità dello stronzo che mi stavano sottoponendo, la scusa che veniva addotta riguardava l'assenza di fondi o degli sgravi fiscali necessari per il lancio effettivo dell'industria.

Non vi è dubbio che molti studios necessitassero di determinate agevolazioni per ricevere quel piccolo calcio in culo di cui avevano bisogno per fare il grande salto, ma il più delle volte la maggior parte dei giochi non mancava di costosi tecnicismi, al contrario mancavano di un'idea solida alla base. Certo, la creatività è da crescere e accudire su un terreno fertile (e remunerativo), ma senza qualche anomalo cavallo di Troia capace di dimostrare le potenzialità dell'industria, c'era ben poco da sperare. Improvvisamente, dopo 4 anni, quel cavallo di Troia è saltato fuori. A dirla tutta si tratta di una vera e propria mandria, ed è incazzata nera.

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Da anni il termometro dell'industria effettua le sue misurazioni in due occasioni ben distinte: la prima è quella del Game Over, l'altra è ovviamente la Milan Games Week.

GAME BREAKERS
Da anni il termometro dell'industria effettua le sue misurazioni in due occasioni ben distinte: la prima è quella del Game Over, il festival underground di videogiochi che si tiene al Leoncavallo, a Milano—L'altra è ovviamente la Milan Games Week, la più grande fiera di settore in Itaila. Avendo scritto per diverso tempo per una testata dedicata esclusivamente ai videogiochi indipendenti, questi due eventi per me dovevano corrispondere bene o male a una rivincita autarchica allo stradominio estero—Per anni l'unica sensazione degna di nota che queste kermesse producevano era un'enorme, profonda e rassegnata tristezza.

Quest'anno, però, è stato diverso: non solo entrambe le fiere hanno assistito a un'affluenza senza precedenti, ma l'offerta degli stand era sorprendentemente alta. Se al Game Over ho visto collidere decine di concept e approcci diversi nella creazione di un amalgamo squisitamente coerente, durante la Milan Games Week, per la prima volta nella mia vita, ho visto delle persone fare la coda per provare un videogioco italiano.

Guarda la prima puntata di Game Breakers, la nostra serie di documentari sull'industria del videogioco in Italia:

Runes: The Forgotten Path è un titolo in realtà virtuale per Oculus Rift e HTC Vive, è sviluppato dai triestini di Stormborn Studios e dando in mano al giocatore la possibilità di lanciare magie disegnando rune con le mani ha fatto collezionare alla sua postazione nello stand della Milan Games Week Indie oltre un'ora di coda. Non stupisce che la gente abbia voluto rivivere i ricordi della Salerno-Reggio Calabria il 14 agosto per un gioco in realtà virtuale che ti fa diventare Harry Potter, stupisce che quel gioco stia venendo sviluppato, ora, in Italia. Sembra quasi di essere al passo coi tempi.

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Una situazione simile, ma idealmente agli antipodi, si è presentata al Game Over, dove lo stand del classicissimo Super Botte & Bamba II Turbo—impresentabile in un ambiente istituzionale come quello della Milan Games Week—ha raccolto una calca senza precedenti di fenomeni urlanti al cospetto di un pestaggio tra Vittorio Sgarbi e Marco Columbro. Il sogno di un Celebrity Deathmatch sotto forma di videogioco si è avverato, è italiano e dentro c'è anche il Gabibbo—Il colpo di genio di Giochi Penosi è in giro ormai da diversi anni, ma sembra che me ne sia reso conto solo ora. En passant, sarebbe tautologico ricordare certezze come Milestone e Ovosonico—Quest'ultimo studio per altro ha appena accolto Mattia Traverso, autore dell'unico gioco decente uscito per Kinect, Fru, pubblicato proprio quest'anno.

DEVELOPERS
Ovviamente non bastano due bei giochi per fare la differenza: la novità è che sono ben più di due. Il 2016 è stato l'anno dell'uscita di The Town of Light, l'horror in realtà virtuale ambientato nel nosicomio di Volterra sviluppato da LKA e supportato da un lavoro di ricerca, documentazione e catalogazione sulle testimonianze pre-legge Basaglia esemplare.

Subito dopo l'estate i torinesi di 34BigThings hanno dato vita a Redout, il figliol prodigo del filone di racing game ispirati da Wipeout e F-Zero. Il gioco è piaciuto così tanto da passare, con ottimi risultati, sulle frequenze di Total Biscuit, uno dei più noti opinionisti videoludici dell'ecosistema di YouTube.

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Ancora, Santa Ragione quest'anno ha pubblicato Wheels of Aurelia, un racing game narrativo ambientato sulla via Aurelia negli anni '70—Presente quando dicevo che fino a poco tempo fa mancavano le idee? Ecco. Una quota di tre prodotti italiani dal carattere hanno voluto esagerare.

Il Game Over ha ospitato il successo nostalgico di Xydonia, sviluppato da Breaking Bytes e oberato dal carico di una campagna Kickstarter di successo da 25.000 euro. Ancora, il capolavoro di Marco Alfieri, Call of Salveenee, ha continuato la sua espansione a base di ruspe e mazzette da 80€.

Il duo di Morbidware, da Roma, ha portato al pubblico Ray Bibbia un incrocio tra un shoot 'em' up e un typing game capace di far saltare i nervi a chiunque—Assieme a loro, Yonder ha presentato al pubblico Red Rope, un'avventura in coop la cui principale meccanica ruota attorno a una corda.

La Games Week non è certamente stata da meno: Digital Tales è riemersa con il prototipo giocabile del suo stupendo Bookbound Brigade, un'avventura in coop che ricorda in qualche modo le meccaniche di Castle Crashers. Italo Games ha presentato Milanoir, un action adventure ambientato nella Milano degli anni '70 e ispirato dalla cinematografia noir del periodo.

Bookbound Brigade è senza alcun dubbio uno dei giochi più ispirati che siano mai nati in Italia.

Stupidi Pixel con Quadri & Ladri ha tradotto in videogioco il business italiano dei musei, tra furti notturni, smerci tra ricettatori e esemplari di Vittorio Sgarbi pronti a portare la tua galleria alla ribalta. I Tiny Bull Studios in Blind hanno sfruttato la realtà virtuale per farti (non) vedere il mondo dagli occhi di un cieco e i We Are Muesli hanno ricordato a tutti cos'è il buon gusto con il loro puzzle game cooperativo SIHEYU4N.

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A questo punto sembra praticamente superfluo menzionare lo spessore dell'Italian Game Developers Summit di quest'anno o l'inaugurazione dell'Italian Videogame Program, un progetto che vuole tradurre il patrimonio culturale disseminato per tutta Italia in asset sfruttabili dagli sviluppatori di videogiochi.

GAMERS, STREAMERS, YOUTUBERS
Non è solamente grazie ai videogiochi stessi che in Italia il settore sta fiorendo: dai videogiocatori professionisti, fino agli streamer passando per il titanico business degli YouTuber, sono sempre di più le realtà prima amatoriale che si stanno strutturando e ramificando alla velocità della luce.

Giochi Elettronici Competitivi, la prima istituzione per l'eSport in Italia sta inanellando un successo dopo l'altro dal punto di vista organizzativo, ultimo per importanza il riuscitissimo torneo di League of Legends di Lega Prima inaugurato durante il Romics di poche settimane fa, che con un setting professionale e una solida infrastruttura non ha avuto nulla da invidare alle competizioni estere.

Il mondo degli streamer è sempre più ricco e al puro intrattenimento si stanno affiancando progetti di coaching e di crescita per neo-atleti—Il mondo di YouTube non ha bisogno di presentazioni. Sarebbe ingenuo esaurire un discorso così ampio qui, ed è proprio per questo motivo che da ormai due mesi qui su Motherboard Italia stiamo lavorando ad un videodocumentario sull'industria del videogioco in Italia. La prima puntata esce a giorni, ne seguiranno altre quattro—Parleremo di tutto: dei veterani del settore, degli svliuppatori, degli agonisti, degli streamer e degli youtuber, e per la prima volta da un sacco di tempo credo sinceramente non ci sia bisogno di andare all'estero per assistere a qualcosa di davvero bello per il mondo dei videogiochi.