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Tecnologia

Perché il video-live dell'attentato di Berlino non doveva essere cancellato

Pochi minuti dopo l'attentato, un giornalista del Berliner Morgenpost che era sul posto ha girato un Facebook live. Ecco perché è stata un'idea tanto buona quanto cattiva.

Poco dopo le otto di sera, un camion sfrenato si riversa sulla folla di Breitscheidplatz, a Berlino. Solo pochi minuti dopo, un collaboratore del quotidiano Berliner Morgenpost inizia a girare un video live con il suo smartphone. Si tratta del primo giornalista a trovarsi sul luogo e a filmare. A meno di due ore dall'attentato, il video su Facebook guadagna quasi un milione di visualizzazioni e più di diecimila condivisioni. Essendo uno dei pochi a testimoniare l'accaduto, anche il canale N24 ne mostra delle immagini live.

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Le critiche al video non si lasciano attendere: bisognerebbe "aiutare, piuttosto che filmare", osserva qualcuno su Twitter; altri si lamentano per le immagini disturbanti. La pagina Facebook satirica „Deutsch für stramme Deutsche" dichiara già di aver denunciato il giornalista per mancato soccorso. Il giorno successivo, le critiche arrivano anche dal settore. L'ordine dei giornalisti tedesco scrive in una dichiarazione dal titolo "Ci vergogniamo" che un gesto del genere è "incredibilmente di cattivo gusto e una violazione del codice deontologico."

Chi voglia farsi un'idea della questione non ha più tempo: nella notte il video è sparito dai social network—cancellato senza commenti dallo stesso Morgenpost. Ora, invece ,gli utenti si arrabbiano per il fatto che gli è stato tolto. Questo caso dimostra quanto sia difficile per i media avere a che fare con le attuali tecnologie di live streaming. È giusto che i video live siano trasmessi su un social network senza alcun filtro, appena dopo un attentato? Se sì, quali immagini è giusto mostrare? Dov'è l'equilibrio tra l'interesse pubblico alla notizia e la responsabilità di trasmettere live certi filmati?

Il giornalista che si è trovato per caso nel bel mezzo dell'attentato si chiama Jan Hollitzer ed è a capo della sezione online e vice caporedattore del Berliner Morgenpost. "Ci sono delle persone a terra—vengono soccorse da altre persone," racconta nel live. Dopo pochi minuti si gira verso il camion e aggiunge: "Davvero difficile da esprimere a parole; ci sono delle persone sotto il camion."

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Durante la furia omicida, il reporter era casualmente dall'altra parte della strada, a distanza professionale. Argomenta di non voler mostrare le vittime. Questo è vero, perché evita di riprendere le persone, ma non si avvicina soprattutto per paura. Quando un passante gli va a sbattere contro lo smartphone, lui reagisce in maniera comprensiva. Associa immediatamente l'accaduto a un attentato di matrice islamica: "le immagini ricordano molto quanto è successo a Nizza."

Un giornalista ha diritto di riprendere in un momento del genere? Sì. Deve fare un live? Probabilmente no.

In che frangente Hollitzer si trovasse sul posto lo mostra una cache di Google della pagina del post: secondo i dati di Facebook, che si possono estrapolare dal video, il live è iniziato alle 20:05, tre minuti dopo l'attentato e la prima chiamata ai vigili del fuoco. Diversi minuti dopo l'inizio dello stream, arrivano gli agenti di polizia, tanto tempestivi quanto assennati, che hanno avuto la buona idea di anticipare avvertire la cittadinanza via Twitter.

È giusto che un giornalista in un momento del genere si metta a filmare? Se si pensa al dovere di cronaca, la risposta è sì. Le riprese sono senz'altro il documento più dettagliato dell'attentato. Può fornire preziose informazioni sull'accaduto, ancora da discutere. Se l'attentatore fosse apparso nel video nessuno si sarebbe lamentato.

Hollitzer ha fatto bene ad andare online? In realtà no. È un bene che Hollitzer abbia riflettuto subito su cosa filmare—ma sarebbe stato meglio se avesse pensato anche a come trasmettere le immagini.

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A una conclusione simile arriva il giornalista Richard Gutjahr che, in occasion dell'attentato di Nizza, si è posto più o meno lo stesso problema. Aveva filmato per sbaglio il camion, ma non aveva condiviso un video live, pensando bene di inviarlo al canale televisivo ARD. In un'intervista aveva chiarito: "Ho pensato che fosse giusto passare per altri canali. Una volta in rete, le immagini diventano incontrollabili." Nella stessa intervista ha parlato anche della sua decisione di twittare live due immagini dell'attentato di Monaco, cosa che gli ha fatto guadagnare uno shitstorm. Questo dimostra quanto sia difficile per i giornalisti trovare il tempismo giusto.

Il bisogno di immagini che ritraggono i minuti immediatamente successivi a un attentato è enorme—lo dimostra il numero di visualizzazioni. Questa necessità è soddisfatta dallo stream, che mostra cosa sta accadendo a tutti coloro che non si trovano sul posto. Grazie alle notifiche tutti hanno visto ciò che stava accadendo—e il giornalista non l'ha girato nemmeno così male, perché rispetto ad altri video amatoriali post-attentato ha rispettato l'identità e la dignità delle vittime. Il fatto che avrebbe dovuto prendersi cura dei feriti, dal punto di vista dell'etica giornalistica, è piuttosto discutibile, anche se è l'accusa più diffusa. Questo è il lavoro dei medici, il compito del giornalista è riportare delle informazioni corrette in una situazione, non intervenire.

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Il fatto di mandare live delle immagini di questo genere fa parte del loro lavoro. Se una volta le immagini venivano riprese da un elicottero, oggi tutti abbiamo in tasca lo strumento adatto per fare un livestream da condividere. Ma non dovrebbero essere proprio i giornalisti quelli che non vanno direttamente live ma riflettono prima sul da farsi? Dopo tutto, i giornalisti sono coloro che per lavoro condividono ricerche e scrupolosità professionale—questo è il loro valore aggiunto, rispetto a chiunque condivida un semplice live amatoriale.

Inoltre: Hollitzer poteva sapere in anticipo, come poteva sapere che non avrebbe ripreso immagini di cui poi si sarebbe pentito? O immagini che avrebbero aiutato le indagini della polizia? Immagino che mostrassero i feriti? Ovviamente bisogna tenere contro del fatto che anche i professionisti possono trovarsi in stato di choc e reagire di conseguenza. Avrebbe dovuto interrompere subito le riprese live e passare al video normale. Ma il filmato dura dieci minuti—anche se nell'ultima parte fa delle domande a un portavoce della polizia, che comunque non è nessuno per dare una valutazione dell'accaduto.

E questo è il problema della cancellazione del video. Alle nostre domande in proposito, che abbiamo posto a Hollitzer e al Berliner Morgenpost, abbiamo ottenuto soltanto una risposta generica:

"Uno dei nostri redattori si trovava sulla scena dell'attentato quanto Lunedi il camion si è scagliato sul mercato/mercatino? di Natale. Dopo esserci consultati rapidamente, abbiamo deciso di documentare gli eventi di Breitscheidplatz qualche minuto dopo il loro svolgimento mentre la polizia e i soccorritori si trovavano già all'opera sul posto. Dopo il ritorno del redattore in redazione, abbiamo aggiunto del materiale integrativo al video e lo abbiamo pubblicato on-line."

Si tratta della stessa dichiarazione pubblicata su Facebook dal giornale in risposta alle critiche degli utenti. Purtroppo anche questa lascia molti interrogativi aperti: come il motivo della cancellazione del video, tanto per fare un esempio.

Ora che Facebook è diventato una piattaforma importante per raggiungere i lettori e aumentare il reach degli articoli, le dirette rappresentano una nuova importante modalità di distribuzione dei contenuti on-line, con cui anche i giornalisti hanno dovuto fare i conti quest'anno. Facebook stesso ha lavorato per promuovere questo strumento: i live stream vengono annunciati dalle notifiche e giocano un ruolo predominante nei feed degli utenti, premiando chi le propone con una copertura maggiore.

Le regole per trattare le nuove forme di comunicazione come Facebook Live non sono ancora state definite del tutto. Sarebbe il caso che i giornalisti coinvolti in situazioni estreme, imparino a riflettere sulle proprie azioni in maniera più trasparente. Al di là delle immagini, la riflessione è il bene più prezioso, che potrebbe essere messo in discussione nel caso di controversie simili, ovvero la possibilità di perdere l'autenticità e l'integrità di questo lavoro.