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VICE: Ciao Walter. Spiegami un po' questa storia di Toto Cutugno e della vostra ricerca.
Walter Quattrociocchi: Ci tenevamo a chiarire, perché per come è uscita sui media la cosa è stata travisata dalla giornalista.Uno, non si tratta di uno studio della Cornell University, ma di un deposito dove le bozze degli articoli vengono messe a disposizione della comunità scientifica per ricevere feedback—non è la Cornell che se ne è interessata. Due, nell'articolo si parla di cracking del codice di Facebook, di aver creato danni al newsfeed di Facebook, il che non è assolutamente vero.La giornalista probabilmente è andata sul sito della Cornell, ha letto a malapena l'abstract del nostro paper e ha deciso di fare un articolo sul fatto che la Cornell si fosse interessata a Toto Cutugno.Ok. Ma allora qual era il punto del vostro studio?
Noi studiamo la diffusione dei meme su Facebook. Studiamo come funziona la diffusione delle informazioni sui social media e vediamo come queste diventano eventualmente virali, cercando di stabilire quali sono i fattori determinati per la viralità. Quindi come ogni studio scientifico cerchiamo da un lato di collezionare osservazioni, capire come funziona il meccanismo, dall'altro di stilare un modello matematico per fare delle previsioni.Questo caso era per noi molto peculiare, perché in genere qualunque pagina Facebook ha sempre una certa eterogeneità nei contenuti. In questo caso, invece, non è così. Abbiamo preso come esempio Toto Cutugno, ma avremmo potuto prendere qualsiasi altra pagina del genere: la cosa importante è che quella pagina ha postato regolarmente per tre mesi sempre la stessa foto. Facendo così, ha rappresentato per noi il gruppo di controllo per verificare se sussistono differenze nell'interazione in base all'eterogeneità dei contenuti. Ed effettivamente l'ipotesi si è verificata vera: nel senso che troviamo un comportamento diverso nella fruizione del post e della pagina in generale quando il contenuto è sempre lo stesso rispetto a quando è diverso. Al che abbiamo proposto un modello che spiega questo risultato. Questo era lo scopo dello studio.
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Sì, semplicemente aveva quella peculiarità. Era il punto zero dell'omogeneità dei contenuti, visto che posta sempre lo stesso contenuto.Per quanto falsa o inaugurata, la notizia si è diffusa enormemente. Io l'ho vista ripresa anche su alcuni media americani. È bello il fatto che studiate la diffusione delle informazioni false su Facebook e il vostro studio finisca per diventare oggetto di ciò che studiate.
Sì, proprio noi che studiamo la diffusione dei rumor falsi su Facebook ne siamo stati vittime. Sono due anni che lavoriamo sulla misinformation, abbiamo raggiunto parecchi risultati molto interessanti per la comunità scientifica, io stesso a marzo sarò a Cambridge a parlare proprio di questo tema. Mi dà fastidio che l'articolo venga travisato in questo modo.È un classico caso di analfabetismo funzionale: non capisco quello che leggo e riporto agli altri. È un paradosso quello che si è creato: Cornell non si è mai interessata alla cosa, il paper non parla di quello che c'è scritto nell'articolo, è una notizia creata dal nulla. In qualche modo siamo vittima della misinformation che studiamo.Insomma, il problema è sempre quello: le persone tendono a condividere contenuti e in qualche modo a sintetizzarli nella maniera che gli è più congeniale. Questo è quello che è successo in questo caso.Secondo te perché questa storia, pur non essendo stata compresa, si è diffusa così tanto?
Secondo me l'indignazione verso la ricerca, che si occuperebbe di cose inutili, ha giocato un ruolo fondamentale. Ma in realtà il tema che stiamo affrontando è centrale, tanto che il World Economic Forum l'ha definito uno dei temi più importanti del millennio. Secondo me la cosa è stata travisata male, letta male e ha incassato l'indignazione popolare.Ammetto che il cantante in sé genera un po' di ilarità. Ma per noi quello non era importante, era importante la frequenza di pubblicazione e il fatto che il contenuto fosse sempre lo stesso. Ho capito, grazie. Segui Mattia su Twitter: @mttslv