Salute

Perché il nostro cervello ricorda più i momenti tristi di quelli felici?

Ogni persona vive diversamente la propria vita, ma i nostri cervelli tendono a registrare maggiormente le sensazioni negative.
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT
Donna sotto la pioggia
Illustrazione: IMAGO / Ikon Images 

A quanto pare, siamo programmati per sperimentare più intensamente le emozioni negative rispetto a quelle positive. In psicologia, questo fatto prende il nome di bias della negatività, la tendenza del nostro cervello a registrare in misura maggiore sensazioni ed eventi tristi rispetto ai momenti felici.

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Personalmente, mi ci rivedo. Ovviamente ricordo diverse giornate entusiasmanti, ma quando ripenso ai momenti che mi hanno davvero cambiato la vita mi vengono in mente come prima cosa le esperienze peggiori. Ad esempio, mi capita ancora di ripensare alla mia prima rottura sentimentale, benché sia successa molti anni fa. In fondo non è un problema se conserviamo qualche brutto ricordo, ma per quale motivo questi tendono a rimanere con noi molto più a lungo rispetto a quelli belli? Forse la tristezza è un’emozione più potente rispetto alla gioia?

Mareile Poettering è una terapeuta e mental coach specializzata in malattie psicosomatiche, ovvero condizioni fisiche causate da problemi di salute mentale. Visto che ha molta esperienza nel gestire i traumi dei pazienti, le loro emozioni negative e il modo in cui queste si manifestano nel corpo, ne ho parlato con lei.

Mareile Poettering – donna bionda in campo illuminato dal sole

Mareile Poettering. Foto per gentile concessione dell'intervistata.

VICE: Perché tendiamo a percepire maggiormente la tristezza rispetto alla felicità?
Mareile Poettering: In realtà non si può generalizzare in questo modo, ogni persona fa esperienza delle proprie emozioni in maniera diversa. Tuttavia, nell’esercizio della mia professione ho in effetti notato che molte persone provano le emozioni negative con più forza rispetto a quelle positive.

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Qual è la ragione?
Da una prospettiva di natura ‘sociale’, ogni persona cerca di evitare la negatività e le esperienze negative ad ogni costo. Il dolore e la tristezza infatti costituiscono e vengono percepite come un problema o una minaccia, mentre la gioia è poco probabile possa rappresentare un pericolo. Ed è questa è la ragione per cui tendiamo a non occuparci molto della gioia e di simili sentimenti, nonché il motivo per cui molte persone non hanno ancora imparato a celebrarla.

Processare le emozioni negative richiede un bel po’ di lavoro. Al contrario, se ho avuto una giornata particolarmente positiva non rimango in piedi la notte a ripensarci. Forse perché la felicità è un’emozione passiva?
Se praticassimo una forma di “trattenimento” delle emozioni positive, percepiremmo la felicità in maniera molto più intensa. D’altro canto, non siamo fatti per superare o vincere le emozioni più negative e difficili in maniera passiva. Se non le affrontiamo, ci rimangono accanto e mostrano i loro effetti sul nostro corpo. Posso persino svilupparsi e diventare malattie mentali.

In che modo la negatività si manifesta fisicamente?
Ho potuto osservare in molti e diversi pazienti quanto le emozioni non elaborate finiscano per impattare fortemente sul corpo. Un esempio è la sindrome del cuore infranto, che può essere scatenata dalla sofferenza o da tremende condizioni di stress.

I sentimenti più complicati da affrontare sono necessari nella vita, e per questo motivo cerco di evitare di chiamarli “negativi,” o di dare loro altre connotazioni simili. Senza questo tipo di sensazioni, infatti, non potremmo nemmeno provare le emozioni più belle. Hanno così tanto potenziale, ed è importante essere in grado di gestirle. Possiamo reprimerle, ma solo in una qualche specie di sotterraneo psichico interno, dove però continuano a imperversare e scatenarsi. È esattamente questo che porta agli effetti psicosomatici che poi si presentano come malattia.

Quando continuiamo a provare dolore ancora e ancora, significa forse che non abbiamo ancora finito di processare il ‘lutto’?
Sì. Ad esempio, è più difficile gestire e fronteggiare la rottura d’un rapporto sentimentale se non sai che porterà con sé altre emozioni oltre al dolore, sentimenti quali la rabbia o la vergogna. Non puoi semplicemente cancellare una persona che per te è stata così importante.

In particolare, la vergogna e un basso senso d’autostima vengono percepiti nella nostra società così negativamente che si cerca di evitarli a ogni costo, benché siano presenti in ognuno di noi. Ci raccontiamo spesso che proviamo tristezza perché è socialmente accettata. Ma, di solito, la questione nasconde molto altro.