FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

I videogiochi hanno ancora un grosso problema con i trucchi

Anche se le tecnologie che governano i videogiochi moderni migliorano anno dopo anno, sembra che la battaglia contro il cheating sia ben lontana dall'essere vinta.

"Non ci guadagno niente da questa roba, non sono un professionista. Ti è mai capitato di essere parte di un sistema in cui tutti gli altri imbrogliano praticamente alla luce del sole? Non puoi continuare a giocare secondo le regole e pensare di poterti divertire lo stesso," Edoardo ha ventisei anni, spende la sua vita reale in quello che ha tutta l'aria di essere un dignitoso rifugio dalle brutture dell'Emilia di provincia, ma è sul web che lascia le tracce più evidenti di sé. Gioca a Team Fortress 2 dal 2009—titolo sul quale ha accumulato oltre ottomila ore di gioco—ma non vuole svelare l'identità del suo account perché è uno degli oltre sedicimila utenti che Valve (la casa di sviluppo di videogiochi come Half Life o Portal, e per cui ha lavorato anche un certo Yanis Varoufakis) ha bannato nella sola giornata del 30 aprile, ma partiamo dall'inizio.

Pubblicità

Team Fortress 2 è un FPS—uno sparatutto in prima persona, tra i fiori all'occhiello di Valve Software—che, per usare un gergo caro a chi vive di gaming, è plagued: impestato. Sto parlando dei cheater, i giocatori che usano i trucchi; ed Edoardo è uno di loro. "Succede e basta," mi ha spiegato per email. "Succede che un giorno, mentre giochi, qualcuno ti fa fuori per decine di volte di seguito e che tu riesca a colpirlo una volta sola—A questo punto o molli tutto o provi a essere competitivo sfruttando i loro metodi."

Il fenomeno del cheating—l'utilizzo dei trucchi, in breve—è nato in contemporanea alla pubblicazione del primo videogioco. Non è sempre stata una zona grigia della morale: infatti, nell'era dei giochi in single player e delle prime console erano gli stessi sviluppatori a consentire la possibilità di facilitare l'esperienza, ricorrendo a scorciatoie (ancora oggi molte case produttrici mettono a disposizione un discreto spazio di modifica di alcune parti del gioco, ma il limite resta quello della personalizzazione, non del vantaggio personale). Poi sono arrivati i giochi online in multiplayer e allora imbrogliare è tornato ad essere uno stigma. Ma è solo con l'ascesa commerciale degli eSport che il cheating è diventato un vero business, e il giro di soldi—come spesso accade per le economie sommerse—è incalcolabile.

Gli FPS sono particolarmente esposti agli hack per via di una banale meccanica di gioco: il tempo che intercorre tra un'azione dell'utente e la risposta del server su cui sta venendo ospitata la partita online deve essere il più basso possibile—idealmente nullo—per poter permettere una fluidità al gioco tale da azzerare il rischio di lag, ovvero per consentire che le azioni avvengano in tempo reale, senza ritardi. In termini concreti, un gioco che fonda la sua ragion d'essere sulla precisione e rapidità d'esecuzione di uno sparo, dovrà ridurre all'essenziale il numero di informazioni richieste ai giocatori. E tra le informazioni che potrebbero essere trascurate, nel processo, ci sono quelle relative all'utilizzo di software di cheating.

Pubblicità

Tra le tipologie di software più comuni ci sono gli aimbot—robot di auto-puntamento che mirano in automatico, rendendo superflue particolari abilità di precisione—e i wallhack, cheat che permettono di percepire l'avversario attraverso i muri. Ora, per comprendere meglio quanto queste scorciatoie inficino la normale esperienza di uno sparatutto, basterebbe specificare che l'intera dinamica di una partita si fonda essenzialmente sul puntare e sullo sparare. Ma provate a immaginare la frustrazione di chi vede il proprio server invaso da orde di cheaters, utenti che riescono a muoversi al doppio della velocità, sparando senza aver bisogno di mirare e che riescono a conoscere la posizione di chiunque con margini di errore molto vicini all'onniscenza. Non è poi ancora così divertente essere dei bravi ragazzi.

Provate a immaginare la frustrazione di chi vede il proprio server invaso da orde di cheaters.

Per debellare questa piaga, nel 2002 Valve ha messo a punto il VAC (Valve Anti-Cheat) e per un periodo, tra alti e bassi, la cosa sembrò funzionare piuttosto bene, al punto da essere integrato permanentemente nella piattaforma Steam.

Purtroppo per Valve, però, nel 2010 comincia a prendere vita il progetto LMAOBOX, un software di cheating scaricabile gratuitamente, ma che al modico prezzo di venti dollari è in grado di assicurare l'assoluta invisibilità agli occhi del VAC. Non è la prima volta che il sistema di sicurezza della Valve fatica a riconoscere una minaccia. È la prima volta, però, che una minaccia riesce a passare pressoché inosservata per anni. Proprio a causa di queste problematiche così profondamente radicate, per molti il sistema di Team Fortress 2 è ormai malato, plagued appunto.

Pubblicità

LMAOBOX non è esattamente il segreto meglio custodito di internet. Se ne parla praticamente ovunque, da Reddit ai forum dedicati al gaming, dai canali tematici di Youtube fino alle chat su Steam. A voler ridurre gli sforzi a una ricerca veloce, il primo risultato offerto da Google—che poi è il sito ufficiale del progetto, con tanto di community annessa—basta e avanza per farsi un'idea ben definita sull'argomento. Il fenomeno del cheating sembra interessare un cospicuo numero di addetti ai lavori, ma non al punto da spingere Valve ad adottare contromisure effttcaci.

C'è chi dice che l'azienda di Gabe Newell non consideri Team Fortress 2 abbastanza redditizio da pensare di investire ulteriori risorse in un cambio di server, chi sospetta che una certa quota di gente che bara possa addirittura essere considerata fisiologica, in questo tipo di business. Fatto sta che nulla o quasi sembra cambiare. Almeno, non fino a quel 30 aprile 2016.

Edoardo lo incontro proprio su una di queste community online dedicate a Team Fortress. Ha giocato sporco, lo ammette. Non cerca giustificazioni, nessun meccanismo di auto-assoluzione. "Ho letto molti commenti che parlano di legit cheating [argomento a cui il creatore di LMAOBOX ha persino dedicato la propria tesi di laurea, ndr], ovvero di quale possa essere la corretta quantità di aiuti di cui usufruire, senza che questi pregiudichino la competizione. Ma sono stronzate, la quantità corretta è zero, non ha senso girarci attorno."

Pubblicità

Nel 2014 PC Gamer aveva dedicato un'ottima inchiesta al mondo del cheating nei videogiochi.

Edoardo sembra non avere dubbi anche quando si parla del suo ban, "È stato giusto così, sapevamo un po' tutti che questo momento sarebbe arrivato. Non voglio dire che ne sia contento, assolutamente. Non hai idea di quanto mi roda per i cappelli".

I cappelli, già. Team Fortress 2 ha brevettato un sistema comunemente definito come "economia dei cappelli", un sistema che ha permesso a Valve di rendere il titolo free-to-play già a partire dal 2010. Il meccanismo, ad una prima analisi, sembra piuttosto banale: il gioco ricompensa l'utente con delle 'scatole', elargite su base temporale e utilizzando criteri totalmente casuali. Queste scatole contengono degli oggetti (cappelli da indossare nel gioco, perlopiù), di valore e rarità variabile, ma per essere aperte necessitano di una chiave. Chiave che può essere acquistata al prezzo di 2$, direttamente da Valve.

È questo il combinato disposto che mette in moto l'economia dei cappelli. Denaro che compra chiavi, chiavi che vengono utilizzate come vera e propria valuta all'interno del gioco, chiavi che comprano oggetti. Oggetti il cui valore è misurabile, in ultima istanza, in denaro.

"Essere bannati dal VAC vuol dire far entrare il tuo account di Steam in una vera e propria lista nera."

"Essere bannati dal VAC vuol dire far entrare il tuo account di Steam in una vera e propria lista nera," continua Edoardo. "E tra tutte, la conseguenza più spiacevole del ban è quella di non poter avere accesso al proprio inventario. L'accesso al gioco è gratuito, creare un altro account non è un problema, ma se sei nella lista nera non puoi più vendere gli oggetti accumulati."

Pubblicità

Si stima che l'ammontare degli inventari andati in fumo in seguito all'ultimo ban di massa superi di gran lunga i centomila dollari (e qui c'è qualcuno che da solo ha perso la bellezza di ventimila dollari), una cifra che cessa di essere notevole, se rapportata all'idea di proiettarla sui 145 mila ban avvenuti durante tutto il mese di aprile. O agli oltre 600 mila dall'inizio dell'anno.

Il mondo del gaming ha un problema di cheating, ora più che mai. Più che nel 2014, quando il Team Fnatic di Counter-Strike fu costretto a dare forfait per avere sfruttato un bug del gioco durante un evento ufficiale con montepremi di 250 mila dollari. Forse persino più che negli anni precedenti alla creazione del VAC. Perché oltre all'affaire-LMAOBOX—e praticamente in contemporanea con esso—l'universo aggregato da Steam ha dovuto affrontare un altro paio di grane.

Non tutti i trucchi vengono per nuocere, come nel caso del famosissimo 'Cobra' della saga di Age of Empires.

La prima è quella relativa a Overwatch, nuovo titolo di punta in casa Blizzard, ma già drammaticamente infiltrato da cheaters, al punto tale che diversi pro players sono già stati bannati prima ancora che il gioco uscisse dalla versione beta (tra cui Taimou, nome talmente noto da essere stato scelto come "testimonial" da molti organi di settore, con tanto di intervista di lancio del titolo).

La seconda riguarda invece Dark Souls 3, videogioco sviluppato da FromSoftware, che di recente si è dimostrato terreno particolarmente fertile per tutti coloro i quali non amano giocare secondo le regole. Oltre gli ormai consueti problemi con gli oggetti modificati - che portano al ban di chi inconsapevolmente finisce col riceverli come contropartita, anziché per chi li crea - è da poco esploso il caso di Malcolm Reynolds, uno youtuber che ha trovato il modo di modificare le statistiche dei giocatori che incontra durante le partite, facendo in modo tale che queste non siano riconosciute dal server e portando al ban delle ignare vittime. Il tutto in live streaming, ovviamente.

Per sconfiggere LMAOBOX, invece, è bastato un uomo. Un uomo giusto al posto giusto, certo, ma comunque un uomo benedetto da un discreto colpo di fortuna. La storia della fine dell'impero di LMAOBOX parla di in cui un giocatore—tale Miggy—che navigando su internet si imbatte per puro caso nel codice sorgente del software di cheat. Lo trova in un sito pubblico, GitHub, e decide di passarlo alla Valve, scrivendo una semplice mail.. Questa storia banale fa da prologo al ban di massa del 30 aprile—salutato come una vera e propria liberazione dalla comunità di Team Fortress 2—ma anche al colpo di scena finale, con il quale il creatore di LMAOBOX annuncia prima la chiusura del progetto e rilascia il link gratuito per scaricare il software, per poi smentire tutto dando la colpa ad un account hackerato. Ad oggi il programma è ufficialmente "in manutenzione" e ha smesso di rappresentare un pericolo reale, ma come mi spiega Edoardo in chiusura di mail "il mondo del cheating non finisce con LMAOBOX".

Insomma, la Valve avrà anche portato a casa la battaglia, ma la guerra resta lunga. E soprattutto, l'avversario sa come barare.

Segui Simone su Twitter: @simofons