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Tecnologia

Il dibattito sulla Realtà Virtuale fatica a diventare reale

Un gruppo di esperti ha cercato di affrontare in modo critico l'entusiasmo per l'ultima "rivoluzione" tecnologica.
Immagine: Doug Bierend

Venerdì scorso, al Montreal International Documentary Festival, alcuni esperti si sono riuniti per dedicarsi a un'attività poco praticata nel mondo della realtà virtuale: discutere.

Se avete prestato anche solo un minimo di attenzione alla RV, avrete sentito come il suo avvento segni un momento rivoluzionario per l'empatia. O il giornalismo. O il modo in cui socializziamo. Ma per quanto la RV sia un prodotto promettente, i meccanismi di cui faremmo meglio a parlare sono quelli che, montano le aspettative per ogni nuova tecnologia, a dismisura.

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Il VR (Anti) Manifesto punta a fare proprio questo. Esperti come la documentarista Katerina Cizek, il neurologo Simon Drouin, il designer Clint Beharry, l'artista transmediale Simon Wilkinson e quasi un'altra dozzina di opinionisti stimati e "agitatori" scelti hanno discusso dei presupposti e delle promesse di una delle tecnologie più attese al momento. Era ora di cominciare a inserire contenuti costruttivi nella conversazione sulla RV.

"Ogni nuovo sviluppo tecnologico viene salutato come la più promettente delle rivoluzioni," ha esordito la moderatrice Sandra Rodriguez, una regista e sociologa dei nuovi media che lavora al MIT. "Considerando l'urgenza con cui dobbiamo definire il futuro prossimo, abbiamo pensato che forse fosse il momento giusto per prendere un respiro. Fare un passo indietro e pensare al perché ci poniamo domande tanto ansiose come cosa dovrebbe o non dovrebbe essere la RV."

Immagine: Doug Bierend

Quando si presenta una nuova tecnologia, un coro di evangelisti ci riempie la mente con riflessioni magiche sul sorgere di una nuova era, spesso tralasciando le sfumature più critiche. L'avvento dei computer collegati in rete è stato accolto da un fervore incredibile per limpatto trasformativo che avrebbe avuto sulla società e sulla quotidianità; alla fine, però, il capitalismo ha fatto il suo e siamo diventati il prodotto di una manciata di enormi corporazioni tech. Questo risultato non faceva parte delle promesse di quella tecnologia. Ancora, vorremmo credere con tutto il cuore alle parole di Mark Zuckerberg, quando spalanca i suoi occhi da cerbiatto e dipinge con toni poetici un mondo iper-connesso.

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Zuckerberg è ovviamente anche uno dei più fervidi sostenitori (e investitori) del futuro della VR, in quanto proprietario della Oculus, e ha circondato il suo prodotto con la stessa visione di utilità sociale e ubiquità futura. È una visione parziale, la sua visione, che, venendo da uno come il CEO di Facebook, suona come un canto celestiale—ma non riflette necessariamente le applicazioni e implicazioni che finiranno per definire davvero la tecnologia. È bello credere che la RV apporterà nuove dimensioni critiche alle nostre interazioni sociali e all'empatia reciproca, ma perché sono proprio questi gli aspetti che dominano la conversazione?

"Le aspettative proiettate su questo medium sono infinite, e, personalmente, ritengo che c'entri anche un certo insieme di meme a cui le persone si sono cristallizzate," mi ha detto dopo la conferenza Ana Serrano, che è a capo del reparto digitale del Canadian Film Center. "I meme sono passati e ripassati così tanto sotto i nostri occhi che le persone hanno deciso che quella e solo quella è la RV. A mio avviso, ci siamo lasciati trasportare da questa maledetta idea di 'macchina empatica,' che ci ha distratto dalla possibilità di parlare di questioni concrete e reali."

Il VR (Anti) Manifesto ha stravolto questi concetti ormai dati per scontati. Diversi dogmi della realtà virtuale sono stati messi al torchio giocosamente, e sono scaturite riflessioni e punti di vista opposti. Una delle assunzioni messa in questione è che la RV rappresenti davvero un passaggio netto a un nuovo tipo di medium, uno definito dalla dimensionalità, da un senso di presenza, da una capacità d'azione migliore per l'utente e da un tipo di esperienza più personale. A nozioni come queste è stato critica il fatto che disconnettano la RV dall'intera storia dei media interattivi che hanno già posto le stesse domande, che la RV non stia facendo altro che aggiungere la dimensione della profondità a reti e strutture economiche già esistenti, introducendo nel frattempo anche i propri difetti. Il potenziale rivoluzionario della RV si estende anche a coloro che sono stati ampiamente esclusi dalle altre tecnologie per consumatori?

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Durante l'introduzione della conferenza, è stato chiesto ai partecipanti di descrivere con una sola parola il loro pensiero su cosa sia o non sia la RV. Quasi tutti hanno scelto: "libertà," "miraggio," dimostrando forse quanto sia facile cadere nel riduttivismo quando parliamo di tecnologie di vasta portata. "Sono già pronto a litigare," ha detto Clint Beharry del Harmony Institute, prima di rispondere "La RV è un medium, non un risultato." Noi esseri 3D sentiamo forse la necessità di evolverci oltre gli strumenti 2D? Cosa della nostra realtà non è virtuale? La RV non è forse destinata a restare un medium elitario anziché accessibile democraticamente? Quali altri spunti possiamo trarre dai molti significati della parola "medium" stessa?

Ma dopo poco, qualsiasi risposta è diventata incerta. Alle volte, la conversazione raggiungeva lo stesso livello di idealismo che aveva spinto così tante persone a voler parlare concretamente. Alla fine, era chiaro che i preconcetti erano così tanto radicati che non c'era granché da dire. "Non siamo ancora arrivati al punto, credo," dice Serrano che ha messo più di tutti in discussione le strutture economiche e l'accessibilità come fattori decisivi rispetto alla possibilità che la RV sia davvero una "rivoluzione." "Penso che sia un inizio, penso che conversazioni come questa siano necessarie, ma dobbiamo andare più a fondo."

Immagine: Doug Bierend

Questo non significa che il dibattito sia stato del tutto improduttivo. Ma se il problema è il troppo clamore, la domanda migliore da porsi è perché siamo disposti a sospendere il nostro pensiero critico e lasciare tanto spazio alle fantasie che nutriamo su queste nuove tecnologie trasformative.

"Non facciamo che riproporre sempre le stesse domande sulla RV," ha spiegato Rodriguez nella sua introduzione. "È come se stessimo aspettando l'avvento di qualcosa di nuovo, un medium che finalmente darà inizio a un mondo nuovo. Il discorso relativo alla RV ora è proprio questo. […] Perché siamo sempre così fissati con il potere rivoluzionario di un nuovo strumento mediatico?"

È una domanda importante, specialmente di questi tempi—quando le persone potrebbero lavorare insieme per costruire, ad esempio, empatia, senso di comunità, o un rinascimento artistico, fare affidamento su una nuova piattaforma tecnologica per compensare una capacità di cui sembriamo privi potrebbe sembrare una distrazione negativa.

Vale la pena notare che né Facebook né Google né altri colossi sono comparsi sul palco o nella conversazione. Per aziende come quelle, il cui interesse primario è dato dalla capacità di espansione di una nuova tecnologia e che saranno sicuramente i principali beneficiari di qualsiasi rivoluzione in arrivo, la vera domanda è qual è l'utile reale del generare eccitazione. Ma dovrebbero anche prendere parte alla conversazione e spiegare come generare eccitazione su promesse di un potenziale rivoluzionario serva realmente un fine che valga la pena raggiungere, o come aiuti gli sviluppatori e i creatori di contenuti, ovvero chi dovrà fare il vero lavoro nel capire cosa questa tecnologia ha da offrire.

Se vogliamo smettere di chiedere alla tecnologia di risolvere i problemi umani più significativi, forse dobbiamo prima riflettere sul perché siamo così pronti a sentirci dire che la tecnologia ha tutte le risposte.