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Tecnologia

La missione per salvare internet con l'architettura dei nomi

L'idea di questo ambizioso team di ricercatori in realtà è piuttosto semplice: piuttosto che i numeri, usiamo i nomi, piuttosto che concentrarci sulla collocazione delle cose, ci concentriamo sulle cose stesse.

Mentre molti di noi erano occupati a guardare streaming a catena di serie tv, ad attaccarsi computer ai propri corpi o ad arrovellarsi sui pro e contro della net neutrality, un team internazionale di accademici e alcune delle più grandi aziende di tecnologia del mondo hanno silenziosamente riflettuto su come si potrebbe ristrutturare completamente internet—per il nostro bene.

La loro idea sembra semplice: invece che i numeri, usiamo i nomi. Concentriamoci non sul dove si trovano le cose, ma sulle cose stesse.

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La proposta, chiamata Named Data Networking, sposta l'attenzione dalle coordinate numeriche dei dati—gli indirizzi IP come 174.16.254.1—al nome vero e proprio dei dati—qualcosa tipo motherboard/storie/NDN/foto1. Con questo sistema, per esempio, quando il tuo computer effettua una richiesta di pacchetti relativi a una nuova uscita su Netflix potresti recuperare quel film nel più vicino computer che lo possiede, invece che passare per i trafficatissimi server di Netflix.

"Fino a quando si tratta di rete," spiega il sito del progetto, "il nome in un pacchetto NDN può definire qualunque cosa: un punto di arrivo, un pezzo di film o di libro, un comando, ecc." Un internet fatto non di numeri ma, se lo vogliamo, di cose. Quello che tutto ciò significa, se reso pratico, può avere grandi conseguenze. Un internet che si concentra sul cosa e non sul dove, può essere un internet più flessibile e che non rischia di incagliarsi quando nuovi dispositivi entrano in gioco. Un internet che non si deve più affidare alla sempre più vecchia architettura TCP/IP potrebbe essere anche un internet con meno intermediari che, oggi, decidono quanto veloci vanno le connessioni, raccolgono i nostri dati e controllano cosa possiamo o non possiamo vedere.

Una persona che crede moltissimo in questa evoluzione verso l'NDN è Lixia Zhang, una professoressa di informatica all'UCLA conosciuta per le sue ricerche, sui protocolli dati e sulla sicurezza, che hanno influenzato il nostro uso odierno di internet. (Ed ha fatto un bel salto dal suo primo lavoro, visto che una volta era una guidatrice di trattori nella Cina del nord durante la rivoluzione culturale)

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Il suo interesse in NDN—lei al momento è una delle project leader—è cresciuto quando ha capito cosa era necessario che la rete cambiasse: l'internet di oggi è semplicemente non più adatto all'uso che ne vogliamo fare.

Un collega all'UCLA le ha posto questa domanda: perché, esattamente, internet ha bisogno di una nuova architettura?

"Ho detto, 'La risposta è semplice.' Avevo il mio telefono sul tavolo e lui aveva il suo. Ho detto, 'Guarda, i nostri telefoni sono uno vicino all'altro, ma possono parlare tra loro?' Lui ha detto, 'certo che possono.' Io, 'direttamente?' E lui, 'no, non possono.' Questo non perché non possano fisicamente, fisicamente puoi connetterli grazie al WiFi o il Bluetooth. Ma il protocollo TCP/IP è un ostacolo per i telefoni che vogliono parlarsi a vicenda. I protocolli devono cambiare perché non permettono il tipo di comunicazione di cui abbiamo bisogno adesso."

L'evoluzioni del networking, dall'infrastruttura a una architettura distribuita. Immagine: Van Jacobsen Il piano per NDN è un approccio a ciò che è conosciuto come information centric networking (ICN), un'idea che affonda le sue radici negli esperimenti con ipertesto del 1980 di Ted Nelson. Si è dovuto aspettare il 2006, però, quando un progetto a Stanford, la University of Texas di Austin e il leggendario PARC di Xerox lanciassero la stessa idea nel networking comune. Van Jacobson, pioniere di Internet e ricercatore del PARC, di cui il talk a Google nel 2006 è stato ampiamente citato come inizio del movimento ICN, è ora uno dei leader del progetto NDN a fianco a Zhang. Ora ci sono diverse micro-iniziative relative a NDN in tutto il mondo, e lo scorso settembre le varie domande poste nelle sedi di ricerca ICN erano gli argomento discussi alla loro stessa conferenza. Altri ambiziosi progetti che stanno cercando di risolvere gli attuali problemi di networking includono il software defined networking (SDN) e il network function virtualization (NFV). NDN, però, è il progetto meglio finanziato, con 15 milioni di dollari solo nel 2016 grazie alla National Science Foundation, oltre che l'assistenza dell'industria. "Preferisco definire questi altri progetti come delle soluzioni a breve termine. NDN è un protocollo vero e proprio che vuole rimpiazzare il TCP/IP."

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Professoressa Lixia Zhang, UCLA e Xiaoming Li, Peking University, all'UCLA-Peking University Joint Research Institute Mini-Symposium. Foto: Rebecca Kendall Quando è stato costruito, nel 1970, l'attuale sistema di iterazioni del network globale girava attorno agli indirizzi IP; numeri che specificano e comunicano le coordinate di un determinato dato, che sia su un server, su un laptop, o sul tuo telefono (come 100.40.80.60). Ma questo sistema, conosciuto come il Transmission Control Protocol/Internet Protocol, o TCP/IP—progettato per far circolare pochi bit di dati tra poche macchine connesse tra loro—è stato definito non efficiente, poco sicuro e terribilmente inadeguato per il mondo reale. I ricercatori di allora non erano riusciti ad anticipare l'arrivo di un internet molto più vasto, impegnato a dover far girare contenuti molto pesanti come i video e una marea di nuovi dispositivi capaci di mettere in ginocchio i flussi di dati. Un nuovo sistema chiamato IPv6, progettato per gestire molti più dispositivi (i suoi numeri sono simili a qualcosa come 2001:0db8:85a3:0042:1000:8a2e:0370:7334), ha debuttato nel 2008 ma ha fatto fatica ad essere adottato da tutti. Il piano per un internet più distribuito e non dipendente da lunghi e complicati indirizzi IP dovrebbe fare gola a chi vuole un internet più sicuro e un Internet of Things, dicono i ricercatori del progetto. In una inter-rete sempre più popolata da ogni tipo di dispositivo, affidarsi a dei nomi dovrebbe garantire più flessibilità, velocità e sicurezza, ha detto Jeff Burke, assistente di tecnologia e innovazione alla UCLA School of Theater, Film and Television, e principale ispettore del progetto. NDN, inoltre "potrebbe permettere una creazione più semplice e rapida del tipo di app che usiamo, rendendo quindi l'innovazione un qualcosa di più semplice da raggiungere."

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Usando NDNVideo, i ricercatori hanno trasmesso una performance live dall'UCLA a Pechino nel marzo del 2013. Immagine: UCLA "Ci sono un sacco di persone che hanno fatto tanto lavoro su internet per tanti, tanti anni e che stanno cercando di capire cosa ha funzionato e cosa no. Stanno cercando di proporre delle soluzioni che permettano ai protocolli fondamentali di evolversi," ha aggiunto. La loro speranza è di costruire un'architettura di rete che non sia solamente più efficiente e flessibile ma, in un certo senso, anche più democratica. Con un'architettura basata su dei nomi i più grandi provider di media come Hulu e YouTube non sarebbe gli unici con in mano la proprietà dei contenuti digitali, e non sarebbero nemmeno l'unico metodo di pubblicazione online dei suddeti contenuti. "Anche i computer possono immagazzinare qualcosa che gli altri potrebbero volere, non è un compito che deve essere esclusiva dei grandi provider; i computer possono fare di più oltre che distribuire questi dati," ha detto Burke. "Il succo è che la pubblicazione va decentralizzata." Come funziona. Pensiamo all'internet attuale come ad un "sistema punto A—punto B," esattamente come i nostri telefoni: per ottenere delle informazioni i computer (ovvero i client) chiamano i server e vice versa. Il Named Data Networking ci permette di concentrarci da il dove arrivino queste informazioni a ciò di cui gli utenti hanno bisogno. Grazie a questa premessa, la richiesta che il tuo computer o il tuo telefono fa alla rete non è quella di "connettermi al computer con questo determinato nome," me "dammi i dati associati a questo nome."

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Il design a "clessidra" di internet, da un lato secondo IP, dall'altro secondo NDN. Immagine: Van jacobsen Immagina di entrare in una stanza piena di persone e chiedere a tutti l'ora. Chiunque abbia un orologio ti risponderà, e non devi affidarti a un singolo orologio piazzato su un muro. Il Named Data Networking funziona così: fintanto che tu lo chiami per nome, chiunque abbia quel contenuto digitale può fornirtelo, rendendoti meno dipendente da un server quando vai a ricevere o a distribuire un'informazione. Al momento, quando guardi uno streaming di contenuti, il tuo computer recupera i dati dal server YouTube più vicino. Dai tardi anni '90, i provider di media e i network e-commerce hanno pagato per dei network capaci di consegnare contenuti (i CDN), come quelli gestiti da Akamai, per fornire alta velocità all'utente grazie ai molti server in molti luoghi diversi. Ma ciò non significa che tutti i dati siano gestiti ugualmente: i produttori di contenuti che non usano i content delivery networks hanno problemi a fornire accesso ai loro media e spesso subiscono le pene di una connessione lenta, che ovviamente diventa ancora più lenta quando i loro contenuti diventano popolari. L'efficiente architettura NDN si affiderebbe in gran parte ai CDN, così da poter gestire i picchi di traffico in tante, diverse infrastrutture. Alexander Afanasyev, un ricercatore dell'Internet Research Lab dell'UCLA, ha detto che NDN eliminerà la necessità di una "complessa infrastruttura cloud," strutture spesso gestite dai pesi massimi della rete. Questo perché, ha continuato, "la rete NDN fornirebbe da sé le funzioni di traffic engineering e di richieste di collegamento alla più vicina copia disponibile del file, dividendo il carico in più percorsi, se necessari." I dati sarebbero immagazzinati, ha spiegato, in una "memoria interna al network che sarebbe installata e matenuta dai nuovi provider," e "potrebbe essere di potenziale aiuto per qualunque tipo di applicazioni, non solo quelle basate su protocolli HTTP/HTTPS."

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Come i dati vengono distribuiti tramite IP e tramite NDN. Immagine: Van Jacobsen

"Il protocollo BitTorrent, grazie a NDN, potrebbe rendere le sue caratteristiche disponibili per tutti i livelli di internet, a partire dal lato client, già utilizzato, a quello server. Renderebbe le pubblicazioni peer-to-peer più semplici."

Le capacità del protocollo NDN sono simili al design peer-to-peer del protocollo BitTorrent, che permette a chiunque di pubblicare o di richiedere dati in base a ciò che stanno cerca, invece che basare questo scambio sul dove si trovi quel determinato file all'interno del network. Il protocollo BitTorrent però si fa spazio tra quello TCP/IP; l'NDN lo rimpiazza completamente. Per BitTorrent questa differenza significa che il sistema BitTorrent deve affidarsi, ha detto Burke, a "dei meccanismi piuttosto complicati per trovare il nome esatto del contenuto, per capire a chi effettuare la richiesta di connessione e via così. NDN rende queste caratteristiche lo standard per tutte le applicazioni." Il network è basato sui suoi contenuti, non sugli indirizzi IP, potrebbe rendere anche la distribuzione dei dati più efficiente e uguale per tutti, una prospettiva piuttosto allettante se parteggi per la net neutrality—il principio secondo il quale ognuno merita lo stesso tipo di accesso alla banda. Potrebbe non essere così favorevole se, per esmepio, sei a capo di una grande agenzia di telecomunicazioni che gestisce le linee che NDN decentralizzerebbe. Alcune grandi aziende, però, potrebbero non essere interessato allo sviluppo del protocollo NDN. Il PARC, dove l'NDN è nato, continua ad essere in gran parte coinvolto nel progetto, assieme ad altri sette membri dell'industria inclusi Intel, Cisco e Huawei. Queste condizioni aumentano le possibilità di ricerca accademica sul progetto—le aziende contribuiscono ai finanziamenti—e permettono a queste aziende di guidare l'evoluzione di questa nascente archietttura. "Ognuna di queste aziende coinvolte contribuisce e ha idee piuttosto tecniche su questo particolare approccio che stiamo tentanto di intraprendere," ha detto Burke.

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La parte dedicata agli USA del NDN testbed, il network globale dell'esperimento. Mappa: Washington University in St. Louis.

Tale meccanismo offre anche l'interessante opportunità di prevenire la sparizione di contenuti web (considerate il problema del link rot), e di proteggere la proprietà intellettuale di una serie di dati, o al massimo di attribuirli a un determinato creatore. In NDN viene creata una firma per ogni pacchetto di dati, creando un vincolo per il nome dei dati, per i dati stessi e per l'identità crittografica di chi li pubblica. Ciò che sarà accessibile, e utilizzabile, di questi metadati dipenderà dagli utenti e dalle applicazioni.

"Narrow waist" e restrizioni

Districandosi tra sedici università—metà negli USA, metà oltreoceano—non è facile portare avanti il testbed di NDN: oltre a dover far fronte a una lunga serie di policy diverse, NDN richiede l'installazione di applicazioni software e tutta una serie di protocolli che hanno come nucleo il suo sistema di nomenclatura. Nel tempo, quando più nodi si aggiungeranno al network, la speranza è che l'IP—ora la "narrow waist" al centro dell'architettura a clessidra—sarà rimpiazzata dal NDN, e l'internet come lo conosciamo—inclusi i server e i nostri stessi browser—scomparirà di conseguenza.

Ovviamente non sarà facile. Consideriamo l'adozione dell'IPv6: in uno studio recente i ricercatori hanno trovato che i pacchetti IPv6 costituivano circa lo 0,6 percento. Ciò rappresenta un grande passo in avanti rispetto agli anni scorsi, ma dimostra anche quanto sia difficile convincere le persone a cambiare in favore di un nuovo tipo di network.

Questioni aperte su NDN. Video: UCLA REMAP / Vimeo.

Ci sono molte sfide da affrontare. A parte la questione non secondaria del doversi convertire a un nuovo protocollo, un altro grosso problema è la gestione di un network straripante di nomi piuttosto che di numeri. Perché ogni set di dati nell'architettura NDN è caratterizzata da un assortimento completo di nomi e host e non di semplici IP. Tale "spazio per i nomi" potrebbe raggiungere dimensioni astronomiche e rivelarsi molto ingombrante.

Ma Afanasyev e gli altri ricercatori hanno proposto una soluzione: costruendo un database che immagazzina le location dei network e indirizza le richieste nella giusta direzione, il sistema genera un flusso di diversi singoli nomi. Questo metodo di routing più convenzionale dovrebbe, scrivono un recente paper, "separare ciò che deve essere nel routing globale da tutti i nomi che possono esistere nell'universo NDN" così che NDN possa integrarsi con i protocolli dell'Internet esistente, conservando tutti i benefici della sua architettura.

Burke è certo che NDN, o una qualche forma di esso, verranno adottatti nel giro di qualche decennio. In parte perché il sistema è stato progettato con applicazioni esistenti e questioni aperte, dai video alla sicurezza per la protezione degli IP. Il progetto è "fatto in modo da poter introdurre la comunicazione NDN nelle applicazioni che esistono già, ancor prima che si possa vedere una qualche evoluzione nell'ampio spettro dell'internet."

Afanasyev puntualizza che c'è ancora un po' di scetticismo attorno NDN, soprattutto sulla sua performabilità. "In effetti al momento possiamo dare soltanto risposte parziali. Ma è per questo che stiamo lavorando :)." Comunque vadano le cose," mi ha detto infine, "ho la sensazione che chiunque si immerga nel nostro progetto ne apprezzi l'idea profondamente."