VICE IT - MOTHERBOARDRSS feed for https://www.vice.com/it/topic/motherboardhttps://www.vice.com/it%2Ftopic%2FmotherboarditThu, 26 Nov 2020 12:19:53 GMT<![CDATA[Ancora non abbiamo capito nulla della navigazione in incognito]]>https://www.vice.com/it/article/bjbwnm/modalita-incognito-browser-ricerca-privacy-onlineThu, 26 Nov 2020 12:19:53 GMTLa navigazione in incognito è spesso indicata come la panacea per tutte le minacce cyber che puoi incontrare quotidianamente su internet. “Così non ti possono tracciare!”, “Non prendi i virus!”, “Puoi visitare tutti i siti che vuoi senza che il tuo datore di lavoro lo possa scoprire!”, “Diventi anonimo!”—la lista sarebbe infinita.

Alcuni ricercatori, però, hanno fatto luce su alcune di queste false speranze, scoprendo che, molto spesso, la colpa è dei browser stessi che danno una spiegazione distorta di cosa effettivamente offra la modalità incognito. Tutti i più importanti browser di oggi hanno una modalità incognito: si chiama proprio così su Chrome, InPrivate invece è il nome usato su Microsoft Edge, e Private Browsing quello per Firefox e Safari.

Navigazione in incognito: a cosa serve davvero

Tutte queste modalità hanno in comune un fattore—che è poi quello caratteristico e fondamentale per capire l’effettivo valore della navigazione in incognito: non si salvano le informazioni della sessione di navigazione una volta che chiudi il browser. I cookie, le tue ricerche e la cronologia dei siti visitati, i contenuti salvati nella cache per accelerare la visualizzazione delle pagine, i dati che inserisci nei campi da compilare: tutte queste informazioni non vengono salvate quando navighi in modalità incognito.

Navigazione in incognito
Il messaggio di benvenuto della modalità incognito su Chrome.

Tutto il resto, però, è visibile a chi monitora il tuo traffico. Quando ti connetti in modalità incognito, quindi, il tuo operatore di rete vede i siti che visiti. Lo stesso vale per il gestore di una wifi a cui ti colleghi e per la rete che usi quando sei a lavoro. E lo stesso vale per chi gestisce le pagine web che visiti: possono vedere il tuo indirizzo IP reale.

Lo studio sulla navigazione in incognito

In uno studio del 2018, un gruppo di ricercatori ha proposto un questionario online a 460 partecipanti reclutati sul sito Mechanical Turk di Amazon (che negli anni è diventato l’eldorado per chi conduce studi accademici).

Ogni partecipante, dopo aver letto una tra 13 diverse descrizioni della modalità incognito, presa dai vari browser sia per dispositivi mobili che desktop—inclusi anche Brave e Opera—ha dovuto rispondere ad alcune domande sui benefici di questa modalità. E qui sono emersi tutti i problemi.

Tutte queste illusioni sono spesso favorite dalla descrizione che i browser presentano quando si comincia la navigazione in incognito.

I partecipanti, infatti, hanno sovrastimato in otto casi diversi le protezioni garantite da questa modalità. In particolare, il 40,2 percento era convinto di non essere geolocalizzabile in quanto—come hanno affermato 21 partecipanti—il loro indirizzo IP era nascosto dalla modalità incognito. Cosa che in realtà non è assolutamente vera.

Allo stesso modo, nel caso della sorveglianza da parte degli operatori telefonici, dei datori di lavoro e del governo, rispettivamente il 22 percento, il 37 percento, e il 22,6 percento dei partecipanti crede di non doversi preoccupare, forte delle difese della modalità incognito.

Inoltre, ci sono altre false aspettative per quanto riguarda la protezione dai malware—i file vengono comunque scaricati sul proprio computer—e per quanto riguarda la pubblicità e la velocità di navigazione: eliminando i cookie ogni volta che chiudi il browser eviti le pubblicità mirate ma questo non vuol dire che le pubblicità siano bloccate completamente. E allo stesso modo, liberando la cache, le pagine possono impiegare più tempo per caricarsi.

Tutte queste illusioni sono spesso favorite dalla descrizione che i browser presentano quando si comincia la navigazione in incognito. Molto spesso, sottolineano i ricercatori, “quando le spiegazioni affermano che gli utenti possono navigare privatamente, come nel caso di Chrome, gli utenti finiscono con l’appoggiarsi al proprio concetto di privacy in senso ampio.”

La navigazione in incognito, quindi, è utile quando non vogliamo lasciare traccia della nostra attività su un dispositivo che condividiamo con altre persone e per difenderci dalle pubblicità mirate. Se la nostra vera preoccupazione, però, è quella di navigare in modalità anonima e godere di una maggiore sicurezza contro le vulnerabilità informatiche è necessario utilizzare tecnologie come Tor — che ora è disponibile anche nel browser Brave.

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<![CDATA[Ci siamo infiltrati tra i volontari anonimi che moderano i contenuti del sito porno xHamster]]>https://www.vice.com/it/article/akdzdp/xhamster-sito-porno-censuraTue, 27 Oct 2020 14:13:13 GMTAttenzione: Questo articolo contiene descrizioni esplicite di violenza sessuale, che possono essere traumatizzanti in determinate circostanze.

È il 5 settembre e stiamo discutendo su come riconoscere una minorenne su uno dei siti porno più visitati al mondo. È un momento importante per la squadra internazionale di moderatori volontari di xHamster: capire se una foto di nudo caricata sul sito contiene persone con meno di 18 anni è il loro lavoro.

Un membro della discussione è “Holger,” un finto utente di xHamster creato da VICE per infiltrarsi nella squadra di moderatori e osservarne il funzionamento. Holger fa parte di una squadra di oltre 100 volontari (non pagati) chiamato “Reviewers Club”. Ciò gli dà parziale controllo su quali foto restano online e quali vengono eliminate. Queste decisioni hanno un impatto su milioni di persone in tutto il mondo—al momento xHamster è il 22esimo sito più visitato al mondo, più di eBay. Chiunque può caricare foto, video e racconti erotici anonimamente sulla piattaforma.

Molti di questi nuovi contenuti devono essere esaminati dai volontari. Armati di un manuale di 480 parole (neanche due pagine) che spiega quali immagini sono consentite e quali no, il Reviewers Club scorre migliaia di foto al giorno. Per ragioni che xHamster ha scelto di non divulgare, i video invece sono controllati da dipendenti stipendiati.

I moderatori lavorano anonimamente con i loro account privati e xHamster di loro conosce solo l’username. Questo ci fa gioco: nessuno sospetta che dietro a Holger ci siano dei giornalisti di VICE.

In qualità di membri della squadra di moderazione di xHamster, lavoriamo per diverse settimane alla catalogazione di contenuti che potrebbero essere legali o illegali, studiando le regole interne della piattaforma e parlando con altri componenti della squadra. Scopriamo così che xHamster chiede espressamente ai moderatori di lasciar passare contenuti su cui nutrono dubbi, anche se gravi. Se una cosa dev’essere eliminata dal sito, bisogna essere sicuri al 100 percento che questa violi le (in parte discutibili) regole di xHamster.

Foto di presunti minori, ovviamente illegali in molti paesi, sono esaminate con un processo a dir poco parziale. Immagini che sembrano essere state diffuse senza consenso sono lasciate passare. La nostra ricerca dimostra che xHamster investe pochissima energia nella protezione delle vittime di violenza sessuale e digitale, come nel caso del revenge porn. I moderatori non ricevono alcun compenso, alcuna formazione individuale né tanto meno supporto dagli amministratori di xHamster.

Curiosi di scoprire perché certa gente sia disposta a fare gratuitamente un lavoro spesso straziante, abbiamo fatto qualche domanda ai colleghi di Holger. Niklas*, tedesco di 19 anni, dice che è disposto a setacciare tutte quelle foto alla ricerca di minori semplicemente perché “è vietato” e vuole proteggere altri utenti del sito. Ha anche aggiunto che le regole non sono abbastanza chiare in alcuni casi.

Non ci ha sorpreso scoprire che altri hanno accettato il lavoro per soddisfare un interesse personale. Bryan*, un custode di Londra, fa il revisore da alcune settimane. xHamster è il suo sito porno preferito e ci ha passato un sacco di tempo. “Sono dipendente dal porno e dal sesso,” ha detto, “volevo provare qualcosa di nuovo.”

Il suo collega Luke, 20 anni di Singapore, si è arruolato anche lui perché pensava che il lavoro gli avrebbe dato alcuni “privilegi”, come l’accesso a profili privati e contenuti nascosti sul sito. Nel suo account, Luke ha caricato video come Hot Teen Shower 4 e Changing room voyeur. Nel suo profilo, inoltre, chiede se qualcuno sa chi sia la donna nella sua foto profilo e dove può trovare ulteriori contenuti che la ritraggono.

Abbiamo mandato una email con 67 domande a xHamster e abbiamo ricevuto solo brevi comunicati generici che evitavano gran parte dei punti salienti. Non hanno voluto commentare i problemi delle regole di cancellazione, nonostante le nostre insistenze. “Non possiamo entrare nello specifico sui nostri controlli interni per varie ragioni,” ha scritto Alex Hawkins, vice presidente di xHamster, sostenendo che ci fosse il rischio di dare idee alla gente su come aggirare il sistema. “State sicuri che i controlli esistono,” ha detto, senza riconoscere e controbattere i problemi che noi avevamo identificato nei controlli stessi.

Nei suoi termini di utilizzo, xHamster dipinge un ritratto idilliaco della pornografia online. Per chi carica materiale, è espressamente richiesto di avere “il consenso scritto, la liberatoria e/o il permesso di ognuna persona identificabile nel materiale.” Che questo permesso scritto venga richiesto, invece, è un’altra storia. Oltre alle violazioni del copyright, tutti i caricamenti che sono “illegali, dannosi, minacciosi, ingiuriosi, molesti, (…) o offensivi in altri modi” sono proibiti. Inoltre, xHamster sottolinea in grassetto: “ABBIAMO UNA POLITICA DI TOLLERANZA ZERO VERSO IL MATERIALE PORNOGRAFICO CHE COMPRENDE MINORI.”

Dentro xHamster: come siamo diventati moderatori

La piattaforma centrale per i moderatori: il profilo RClub “friends only”
La piattaforma centrale per i moderatori: il profilo RClub “friends only” | Screenshot: xHamster

Per entrare nel Reviewers Club servono due cose: pazienza e foto di nudo. Gli utenti possono candidarsi via email dopo che sono stati iscritti alla piattaforma per almeno 200 giorni. Poi, almeno nel caso di Holger, devi aver caricato dei contenuti tuoi sulla piattaforma. Per passare questa prova, abbiamo assunto una sex worker perché contribuisse con del materiale pornografico da caricare sull’account di Holger. Nell’estate del 2020, Holger ha ricevuto un invito ufficiale.

Prima di tutto abbiamo dovuto leggere le regole di moderazione, un “manuale” di 480 parole e 38 foto esempio. I moderatori comunicano l’uno con l’altro tramite il profilo di un account xHamster chiamato “RClub”; l’ultima volta che abbiamo controllato, nell’ottobre 2020, aveva 130 amici.

L’interfaccia web per i moderatori (l’originale non è pixellato)
L’interfaccia web per i moderatori (l’originale non è pixellato) | Screenshot: xHamster

Dopo aver fatto il login su xHamster, Holger poteva accedere a un’interfaccia web e controllare i nuovi caricamenti in soli due clic. Come in una presentazione, le foto appaiono una a una su sfondo nero. I moderatori devono esaminare attentamente ogni foto prima di cliccare su uno di 11 diversi pulsanti.

Sette sono per diversi tipi di cancellazioni—per esempio, se c’è una violazione del copyright o è presente un minore. Una foto deve essere cancellata anche nel caso siano presenti animali o escrementi. Se non sai cosa fare, premi il pulsante “Skip” e lasci a un altro collega l’onere della decisione.

xHamster moderazione
Premi per il "revisore del mese" | Screenshot: xHamster

Una foto viene cancellata solo se è segnalata da vari moderatori. Se la maggioranza dei moderatori ha un’opinione diversa, la foto resta online e viene registrato un errore nelle statistiche personali di Holger. In una versione più vecchia del manuale del moderatore si legge che chi cataloga in maniera scorretta oltre il 15 percento delle foto perde permanentemente il posto nel Reviewers Club. xHamster non ha confermato né smentito che questa regola sia tuttora valida.

Non si sa nemmeno quanti moderatori devono segnalare una foto perché questa venga cancellata. Secondo Hawkins, i rapporti dei moderatori vengono ricontrollati internamente. Resta da vedere a quali criteri risponde questa ulteriore revisione.

Il primo giorno da moderatore: “Ma quella è una bambina?”

Manuale moderatori xHamster. Screenshot: xHamster,
Una parte del manuale. Screenshot: xHamster, "New reviewers manual"

Non c’è niente di più difficile per Holger di decidere se una delle giovani donne in foto sia o meno minorenne. Magra, viso giovane: come si fa a distinguere da una foto se una persona ha 16, 18 o 23 anni? Il manuale non è particolarmente d’aiuto: “L’età legale della persona nella foto è dubbia, con alte probabilità che sia sotto i 18. Cerca dettagli che possono aiutarti a capire se è una foto di un minore o meno.” In altre parole, a Holger si chiede di segnalare una foto se le probabilità che contenga un minore sono “alte,” ma non “medie.”

Abbiamo chiesto ai colleghi del Reviewers Club come prendono queste decisioni così difficili. Uno risponde: “Il manuale ti dice cosa non è permesso, quindi se non è menzionato nel manuale devi concludere che va bene.” Un altro scrive: “Guarda, fare la revisione delle foto di minori è impossibile.”

Nonostante questo lavoro sia così arduo per i moderatori, xHamster non vuole dire quali altri provvedimenti prende la piattaforma per controllare i caricamenti. Invece, Hawkins ci fa sapere che la squadra di supporto di xHamster è disponibile tutto il giorno e che contenuti segnalati come problematici non saranno caricati sulla piattaforma, e se viene postata una cosa che viola i termini di utilizzo verrà rimossa. Si rifiuta di entrare nel dettaglio più di così.

I moderatori devono decidere se i pianti sono “veri” o recitati

C’è una frase nel manuale che rende particolarmente difficile il lavoro di questi revisori amatoriali. “Non rimuovere un contenuto se non sei certo al 100 percento che è illegale che si trovi qui.” Questa regola incoraggia i moderatori a ignorare molte preoccupazioni e tecnicamente significa che Holger dovrebbe premere “Skip” anche quando ha dei sospetti. Se clicca sul bottone “Other,” almeno può mettere per iscritto il motivo per cui la foto in questione andrebbe eliminata.

Un altro problema spinoso è lo stupro simulato. Il manuale parla di violenza soltanto nella categoria “Altre” e proibisce quanto segue: “sangue, violenza, stupro, BDSM estremo, vero pianto, veri strangolamenti.” Abbiamo chiesto a xHamster come la distinzione tra “vero” e finto pianto potesse costituire una protezione solida per le vittime di violenza sessuale, ma non abbiamo ricevuto risposta.

Discussione tra moderatori su xHamster
Discussione tra moderatori | Screenshot: xHamster

Se pensi di non poter catalogare una foto con certezza, il manuale dice di chiedere ad altri moderatori. Ma non cita nemmeno l’esempio comunissimo di foto che sembrano fatte di nascosto e senza il consenso delle donne. xHamster ha rifiutato di spiegare se il “voyeurismo” non-consensuale è permesso sulla piattaforma, o perché l’argomento sia assente dal manuale del revisore.

I colleghi di Holger sembrano aver ricevuto dei consigli sulla questione da parte degli amministratori. Uno scrive: “Camera nascosta, voyeur e upskirt vanno tutti bene a meno che non ci sia qualche altra violazione.” Un altro concorda: “Non piace neanche a me ed è reato qui negli USA, ma gli admin di xHamster hanno detto che è voyeurismo e che va bene.”

Tramite Holger, abbiamo chiesto a un amministratore di xHamster se a chi carica contenuti venga mai chiesto di mostrare il permesso scritto. L’amministratore spiega che gli utenti possono essere contattati nel caso in cui ci sia un reclamo per violazione di copyright. Un reclamo di questo tipo può essere fatto soltanto dai detentori dei diritti, quindi i moderatori non possono presentare istanze per conto di altri.

"AMMINISTRAZIONE CI SENTI????"

Sul profilo di RClub, i moderatori si lamentano spesso del poco supporto amministrativo da parte di xHamster. Il 23 settembre la discussione si fa particolarmente accesa. “Ho chiesto un manuale nuovo, aggiornato ed esaustivo un sacco di volte… nessuna risposta da parte degli admin,” scrive un moderatore. Un altro risponde: “AMMINISTRAZIONE CI SENTI???? O… preferite stare lì a incassare lo stipendio? Muovete il culo e fate qualcosa!”

Il vice presidente di xHamster Alex Hawkins ha detto che sarebbero “molto interessati ad ascoltare” i problemi che i moderatori si trovano ad affrontare e capire “come migliorare il nostro servizio.” Il 23 settembre un amministratore di xHamster ha risposto al RClub: “Siamo pronti a prendere in considerazione le vostre idee e suggerimenti, mandateci pure le vostre idee.” Ma è ancora troppo presto per dire se quello che abbiamo visto attraverso gli occhi di Holger sia stata una rivolta efficace.

*Nomi cambiati

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akdzdpSebastian MeineckYannah AlferingFelix DachselRusslan Giacomo StefaniniMotherboardXHamsterpornografiaPornosicurezza onlinerevenge pornprivacy
<![CDATA[Il piano segreto in caso gli astronauti dell'Apollo 11 non fossero più tornati dalla Luna]]>https://www.vice.com/it/article/qkkjax/piano-fallimento-missione-apollo-11-1969-lunaFri, 19 Jul 2019 10:38:28 GMT"Il destino ha voluto che gli uomini andati sulla Luna per esplorarla in pace, in pace lì dovranno restare," dice Nixon alle telecamere. "Ma ogni essere umano che guarderà la Luna nella notte ora e in futuro saprà che c'è un angolo su un altro mondo che è per sempre umanità."

Questo era il piano. Se gli astronauti dell'Apollo 11 Neil Armstrong e Buzz Aldrin, che sono atterrati sulla Luna 50 anni fa precisi, si fossero trovati sulla superficie polverosa del satellite senza abbastanza ossigeno o carburante, impossibilitati a contattare il modulo di comando in orbita—se si fossero, in altre parole, arenati, l'allora Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon era preparato a informare il Paese quella sera, in televisione.

Prima del suo discorso, il Presidente avrebbe telefonato alle "future vedove" per offrire le sue condoglianze. Dopo l'ultimo addio, e forse qualche raccomandazione agli astronauti su come concludere le proprie vite, il piano prevedeva che il controllo della missione "interrompesse le comunicazioni" con il Modulo Lunare. In un rituale pubblico simile alla sepoltura in mare, un prete avrebbe infine affidato le anime degli astronauti "alle profondità più profonde."

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Nixon che chiama la Luna (NASA)

Il piano, rimasto segreto per decenni, ha avuto origine grazie allo scrittore William Safire, che aveva inviato una nota al capo dello staff di Nixon H. R. Haldeman, in cui suggeriva un protocollo da seguire per l'amministrazione in conseguenza a un evento simile. Safire stesso aveva ricevuto ordine da un astronauta della NASA di pensare a uno scenario simile, stando a quando raccontato nel suo memoir. "Il 13 giugno, Frank Borman—un astronauta che era nelle grazie del presidente e che la NASA ci aveva assegnato come contatto diretto—mi ha chiamato per dirmi 'è il caso che pensi a una dichiarazione alternativa da parte del presidente, in caso qualcosa vada storto con l'Apollo 11.' Poiché non ho reagito subito alle sue parole, Borman ha lasciato perdere il tono formale—'come quello che si fa con le vedove.'"

La NASA non ha mai sbandierato i piani previsti in caso di incidenti alla "Major Tom" e l'ipotesi che nello spazio siano state spedite anche pillole di cianuro è ancora oggetto di dibattito. Eisenhower aveva scritto un discorso in caso il D-day—l'operazione con cui gli Alleati hanno invaso la Normandia nel 1944—fosse stato un fallimento totale. Nel 1986, dopo la tragedia dello Space Shuttle Challenger, il Presidente Raegan non ha pronunciato alcun discorso. La sua scrittrice, Peggy Noonan, ha preso in mano la situazione con un discorso che si concludeva, notoriamente, con i versi di un sonetto di James Gillespie Magee, scritto per dare l'addio alla coraggiosa squadra che "si è liberata dagli oscuri legami della Terra, per toccare il volto di Dio."

La chiamata di Nixon alla Luna.

La nota di Safire e il suo discorso per Nixon sono stati riesumati nel 1996 dal giornalista del LA Times Jim Mann, che li ha scoperti in una cartella nominata "IN CASO DI TRAGEDIA LUNARE." "Questi uomini coraggiosi, Neil Armstrong e Buzz Aldrin, sanno che non c'è speranza di esseri recuperati," avrebbe dovuto dire il Presidente. "Ma sanno anche che c'è speranza per l'umanità nel loro sacrificio... In tempi antichi, gli esseri umani guardavano le stelle e vedevano i loro eroi nelle costellazioni. In tempi moderni, facciamo lo stesso, ma i nostri eroi sono uomini incredibili fatti di carne e ossa."

Il destino ha voluto che gli uomini andati sulla Luna per esplorarla in pace, sulla Luna in pace dovranno restare.

Questi uomini coraggiosi, Neil Armstrong e Buzz Aldrin, sanno che non c'è speranza di esseri recuperati. Ma sanno anche che c'è speranza per l'umanità nel loro sacrificio.

Questi due uomini stanno offrendo le proprie vite al più nobile degli scopi umani: la ricerca della verità e della conoscenza.

Saranno pianti dalle loro famiglie e dai loro amici; saranno pianti dalla loro nazione; saranno pianti dalle persone di tutto il mondo; saranno pianti da Madre Terra, che ha osato mandare due dei suoi figli nell'ignoto.

Con il loro viaggio, hanno spinto le persone del mondo a sentirsi tutt'une; con il loro sacrificio, stringono più forte il legame della fratellanza tra gli uomini.

In tempi antichi, gli esseri umani guardavano le stelle e vedevano i loro eroi nelle costellazioni. In tempi moderni, facciamo lo stesso, ma i nostri eroi sono uomini incredibili fatti di carne e ossa.

Altri seguiranno e troveranno con certezza la via verso casa. Non sarà negata la ricerca dell'umanità. Ma questi uomini sono stati i primi e resteranno al primo posto nei nostri cuori.

Perché ogni essere umano che guarderà la Luna nella notte ora e in futuro saprà che c'è un angolo su un altro mondo che è per sempre umanità.

"Una nota personale," ha scritto William Safire nella sua rubrica sul Times nel 1999. "Nei momenti storici, gli scrittori guardano ai poeti. L'ultima riga del saluto mai pronunciato evocava le rime del poeta patriota Rupert Brooke, che è morto nella Royal Navy durante la Prima Guerra Mondiale." La poesia, si intitola "The Soldier."

If I should die, think only this of me:
That there's some corner of a foreign field
That is for ever England.

[Se dovessi morire, pensa solo questo di me:
Che ci sarà un angolo di un campo straniero
Che sarà per sempre Inghilterra. — ndt]

In pochi sapevano del piano in caso di tragedia. Milioni di persone nel mondo hanno festeggiato quei pionieri, raccolti intorno ad apparecchi televisivi dentro case, dormitori, capanne, o vicino a campi di battaglia. Le bandiere sono state sventolate; persino nel pieno della sfida tecnologica della Guerra Fredda, tutti erano sullo stesso pianeta, con gli occhi puntati al cielo. In America, quel fine settimana, le notizie dell'allunaggio dell'Apollo 11 sono state quasi offuscate da una tragedia che, invece, è successa davvero: l'incidente di Chappaquiddick.

Scoprire vecchi archivi nascosti genera speculazioni, storie alternative che offrono nuove prospettive su narrazioni calcificate nel tempo. Il discorso segreto scritto da Safire non è solo un tributo al coraggio di questi primi astronauti, che sono stati catapultati su un altro corpo celeste per la prima volta nella storia, per il puro e glorioso scopo di dire che ne eravamo in grado. È anche un monito di quanto pericolose erano quelle missioni, e di quanto sia incredibile che questi uomini siano tornati. Anche davanti all'incertezza, al terrore e alla morte, la speranza persiste.

Neil Armstrong augura la buonanotte dall'Apollo 11

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.

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<![CDATA[Elon Musk ha annunciato un piano per 'fondere' il cervello umano con l'intelligenza artificiale]]>https://www.vice.com/it/article/7xgnxd/elon-musk-annuncio-neuralink-fondere-cervello-e-intelligenza-artificialeWed, 17 Jul 2019 15:07:53 GMTMartedì sera, Elon Musk ha annunciato pubblicamente l'obiettivo finale di Neuralink, la sua startup di interfacce cervello-macchina: permettere agli esseri umani di "raggiungere uno stato di simbiosi con l'intelligenza artificiale," aggiungendo che "fondendosi con la IA," gli esseri umani saranno in grado di starle dietro davvero. Musk intende iniziare a sperimentare sull'uomo una prima versione di Neuralink progettata per curare i traumi cerebrali, già il prossimo anno.

"Possiamo arrivare a creare un'interfaccia completa cervello-macchina," ha detto Musk in un annuncio live in streaming. "Suonerà parecchio strano. Fondamentalmente, possiamo ottenere uno stato di simbiosi con l'intelligenza artificiale. Non è una cosa obbligatoria, è una cosa che puoi scegliere se avere o no. Ma sarà un traguardo molto importante in relazione alla civiltà. Anche considerando uno scenario di intelligenze artificiali benigne, noi resteremo indietro. Con un'interfaccia cerebrale possiamo invece proseguire il viaggio e diventa possibile fonderci con l'IA."

Musk è noto per i suoi progetti a dir poco ambiziosi, le sue promesse vaghe, la sua irascibilità su Twitter e i suoi vari piani per la società intera che non prevedono però mai il consenso del resto di noi. Neuralink ha operato per lo più in segreto da quando è stata annunciata nel 2017, per quanto documenti pubblici ottenuti dalla testata americana Gizmodo abbiano dimostrato che l'organizzazione ha finanziato studi sui primati in varie università della California. Martedì 16 luglio, possiamo dire, è stato il debutto in società dell'azienda.

Gli obiettivi sul breve-medio termine dell'azienda sono creare un chip che può essere impiantato nel cervello per trattare un ventaglio di traumi e malattie al cervello, compreso paralisi, morbo di Alzheimer e demenza. Musk ha detto che il progresso sarà lento, e che l'azienda non svelerà immediatamente un chip che assume il controllo del cervello delle persone. Prima almeno, ha detto Musk, vuole ottenere l'approvazione degli impianti da parte della FDA (Food and Drug Administration).

"Se abbiamo una sorta di interfaccia cervello-macchina in grado di risolvere qualsiasi disturbo cerebrale, che sia dovuto a un incidente o congenito, o qualsiasi disturbo spinale, possiamo risolverlo con un chip," ha detto. "Per la maggior parte delle persone è una cosa impossibile da capire ora. Ma succederà tutto lentamente. Non è che Neuralink improvvisamente tira fuori dei lacci neurali e prende possesso dei cervelli della gente. Ci vorrà tempo e le persone sapranno quando è il momento."

Tutto questo, ovviamente, è ancora in stadio embrionale e le dichiarazioni di Musk devono essere prese con il giusto scetticismo sia da un punto di vista socio-politico che ingegneristico/scientifico. Musk è diventato bravo a lanciare razzi nello spazio e a creare macchine elettriche, ma il progresso sui suoi progetti secondari—l'hyperloop, Boring Company, il sottomarino in miniatura che voleva costruire per salvare un gruppo di ragazzini intrappolati in una caverna—è stato lento e spesso non proprio recepito ben volentieri. Per esempio, qualche tempo fa, Boring Company ha "inventato" un tunnel stretto in cui le macchine devono viaggiare per forza in fila, e che ha essenzialmente la stessa funzione di un treno della metropolitana, se non che non può chiaramente trasportare la stessa quantità di persone. Per questo progetto, Musk ha ricevuto contratti da decine di milioni di dollari.

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Immagine: Neuralink

Non è chiaro quanto tempo o quali sforzi Musk stia effettivamente dedicando a Neuralink, quanto sia concreto il progetto, se sia d'interesse davvero per qualcuno, e cosa succederà alle persone che non possono permettersene il costo o che non vogliono fondersi con la IA. Detto questo, le interfacce cervello-macchina sono uno strumento promettente per la cura delle persone affette da traumi o malattie cerebrali, e, in questo senso, è un'area di ricerca seria che potrebbe potenzialmente aiutare molte persone.

Ad ogni modo, Musk ha inaugurato il suo discorso ammettendo in tutta franchezza che l'obiettivo principe della presentazione era arruolare personale, e per questo le informazioni condivise sono state soprattutto dettagli tecnici che interessano neuroscienziati e ingegneri impiegati in campi rilevanti per la missione di Neuralink. Gran parte della presentazione è stata dedicata a spiegare il complicato modo in cui la comunicazione neurale funziona, come l'azienda stia progettando chip per interpretare l'attività cerebrale e come parti specifiche del cervello darebbero al team il tipo di dati di cui ha bisogno per permettere al cervello di comunicare in modo significativo con un sistema informatico.

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Al di là delle questioni tecniche, il team ha fornito alcune informazioni concrete su cosa sta facendo ora, compresi dettagli su che aspetto avrà il primo dispositivo che intende impiantare nel cervello della gente e come funzionerà. In breve, il dispositivo consiste di un largo numero di "fili" (cavi incredibilmente sottili con una manciata di elettrodi all'estremità), che sono inseriti nel cervello in punti dove possono intercettare i segnali elettrici provenienti dai singoli neuroni, un sistema-su-chip che riceve e interpreta tutti i dati provenienti dai fili, e un "pod" indossato dietro l'orecchio che traduce i dati via Bluetooth su un telefono o un altro dispositivo su cui gira il vero software che usa i dati neurali.

Allo stato attuale, ogni chip contiene 1.024 elettrodi più la quantità di fili relativa, che è già una base buona per acquisire 10 volte la quantità di dati possibile con gli strumenti medici attuali, come quelli usati per trattare il Parkinson attraverso la stimolazione cerebrale profonda, ha detto il team. Per via della piccola dimensione del chip—che misura 4mm per 5mm—il team crede che sarà possibile impiantarne fino a 10 in un solo cervello umano, ma intende iniziare con solo quattro chip nel primo giro di test umani.

Per questi primi esperimenti sull'uomo, che, a detta di Musk, cominceranno entro la fine del 2020, Neuralink cercherà di usare il dispositivo per permettere a una persona tetraplegica di controllare un computer. Questo prevede inserire i fili nominati poco fa nella corteccia motoria primaria, che—come il nome lascia intuire—controlla le funzioni motorie del corpo umano; stando al team di Neuralink, questo passaggio permetterà a un paziente paralizzato di pensare di muovere la mano per muovere un mouse, anche se non può fisicamente farlo, e far sì che il dispositivo di interfaccia interpreti quella specifica attività cerebrale per muovere il mouse di conseguenza.

Ovviamente, senza niente al di fuori della parola dei fondatori stessi di Neuralink, è difficile dire con certezza quanto siano realistici i piani dell'azienda.

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.

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<![CDATA[Questa intelligenza artificiale crea ritratti rinascimentali fighissimi]]>https://www.vice.com/it/article/neaxn8/app-ritratti-rinascimentali-portraits-arsWed, 17 Jul 2019 11:06:36 GMTIn questi giorni, un nuovo filtro su FaceApp—un'app per iOS e Android che sfrutta le reti neurali per modificare il volto di una persona in vari modi—ha monopolizzato l'attenzione di tutti: trasformando in modo piuttosto impressionante e credibile un viso giovane nel suo equivalente rugoso e canuto (o un viso già anziano in uno molto rugoso e canuto), il filtro è innegabilmente un ottimo modo per ridere o—nel mio caso—avere la conferma definitiva che tra 50 anni sarò mio nonno con i capelli (dita incrociate).

Sempre in questi giorni, però, è uscito anche un tool sviluppato da un gruppo di ricercatori del MIT-IBM Watson AI Lab e del Politecnico di Milano chiamato AI Portraits Ars—che rielabora ogni primo piano dato in pasto al suo modello di rete generativa avversaria (GAN) in un ritratto d'arte moderna con diversi stili e livelli di astrazione. Le reti neurali utilizzate—spiegano i ricercatori sul sito—sono in realtà due: una, detta Discriminator, che riconosce i ritratti di persone, l'altra, detta Generator, che ha imparato a crearne di nuovi.

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Roberta di Munchies. Immagine via AI Portraits Ars

Non è una semplice questione di "trasferimento di stile," specificano i ricercatori, perché i lineamenti sono completamente ridisegnati, anziché limitarsi ad alterare i colori, come è invece comune in altri tool di NST (Neural Style Transfer). "Il modello decide in autonomia quale stile usare per ogni ritratto. I dettagli del volto e dello sfondo contribuiscono a direzionare il modello verso un certo stile."

Il risultato è convincente, talvolta inquietante. Ma, come spiegano i ricercatori l'obiettivo dell'esperimento va oltre la possibilità di appendersi in casa un ritratto finto-Settecento e spacciarlo per un antenato nobile a cui somigliamo un sacco. Il punto è capire come, tramite l'uso di un'IA, si possono in realtà individuare i condizionamenti e i pregiudizi legati storicamente a una certa tradizione o pratica artistica.

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Simone di VICE. Immagine via AI Portraits Ars
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Vincenzo di VICE. Immagine via AI Portraits Ars.
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Giada di VICE. Immagine via AI Portraits Ars
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Vincenzo di VICE. Immagine via AI Portraits Ars

Nonostante infatti esempi di ritratto siano comparsi in culture e tempi storici molto diversi tra loro, dal 1500 in poi questo tipo di opera, spiegano i ricercatori, è diventato un simbolo di status per gli europei e, allo stesso tempo, è diventato una delle forme d'arte distintive della cultura Occidentale. "Allenare i nostri modelli su un dataset così condizionato ci ha spinti a riflettere sull'importanza dell'equità nell'IA."

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Rihanna. Immagine via AI Portraits Ars

L'intelligenza artificiale applicata ai ritratti, dunque, ci costringe a riflettere sulla nostra storia: "prima del 15esimo secolo, la pratica del ritratto su commissione era rara. Il cambiamento di rotta successivo riflette forse un mutamento dei principi della società verso l'individualismo," hanno scritto i ricercatori. Allo stesso tempo, l'inabilità dell'intelligenza artificiale—che impara su un ampio dataset di quadri esistenti—nel riprodurre un sorriso aperto, "ci insegna qualcosa sulla Storia dell'Arte," per cui sorridere non era un'azione raccomandata per il soggetto.

Se, ad ogni modo, farvi fare un ritratto rinascimentale da una intelligenza artificiale così come siete non vi basta, potete fare come qualcuno qui in redazione e usare prima il filtro di Face App per invecchiarvi e poi farvi fare un ritratto dal potenziale drammatico rasente infinito.

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Giacomo di Noisey. Immagine via AI Portraits Ars

Per guardare i ritratti creati dalla rete neurale del progetto AI Portraits Ars e farvene fare uno tutto vostro, andate qui.

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<![CDATA[Sta diventando davvero troppo facile creare video deep fake di persone vere]]>https://www.vice.com/it/article/qv7zkw/video-deep-fake-persone-vere-shiningTue, 16 Jul 2019 08:23:57 GMTLa settimana scorsa alcuni video in cui—a prima vista—l'attore Jim Carrey sembra reinterpretare (troppo) fedelmente alcune scene molto famose del film Shining al posto del vero protagonista (Jack Nicholson) sono diventati virali. In realtà, i video sono un deep fake: il volto di Carrey è stato innestato artificialmente sul corpo di Nicholson da un autore noto con lo pseudonimo di Ctrl Shift Face, grazie a un tool open source chiamato DeepFaceLab.

Realizzare video deep fake—sia con fini innocui o di puro virtuosismo, come nel caso del video di Ctrl Shift Face, sia con fini decisamente più discutibili e inquietanti, come nel caso recente della app DeepNude, che trasformava qualsiasi foto di donna in un nudo—è sempre più facile. Questo perché, nonostante i deep fake si basino su tecnologie sofisticate come le reti neurali, non richiedono in realtà grandi doti informatiche, e, alle volte, basta un'immagine sola per ottenere un ottimo effetto.

A maggio, i ricercatori del Samsung AI Center di Mosca hanno dato l'esempio perfetto di questo concetto, sviluppando un modo per creare "ritratti viventi" da un dataset molto ridotto.

Il paper, intitolato "Few-Shot Adversarial Learning of Realistic Neural Talking Head Models," è stato pubblicato su arXiv il 20 maggio scorso.

La tecnica sviluppata dai ricercatori si basa sull'utilizzo di una o pochissime immagini per allenare il modello e creare un ritratto animato convincente. Con l'aggiunta di qualche scatto in più—otto, o 32 fotografie—il realismo migliora nettamente.

Poiché necessitano solo di un'immagine sorgente, i ricercatori sono riusciti ad animare dipinti e ritratti fotografici famosi, con risultati a dir poco inquietanti. Fyodor Dostoevsky—che è morto ben prima che le cineprese diventassero un prodotto di consumo di massa—si muove e parla come se fosse impresso su una pellicola in bianco e nero. La Gioconda muove la bocca e gli occhi silenziosamente, sorridendo di sfuggita. Salvador Dalì si lamenta, mentre i suoi baffi vibrano.

Questi "modelli fotorealistici di mezzibusti parlanti" sono creati usando reti neurali convoluzionali (o CNN): i ricercatori hanno allenato un algoritmo su un ampio dataset di video di primi piani di persone che parlano, tutte di aspetti fisici diversi. Nello specifico, hanno usato i database disponibili pubblicamente di VoxCeleb, che contengono oltre 7.000 immagini di celebrità prelevate da video di YouTube.

In questo modo il programma si abitua a identificare ciò che i ricercatori chiamano "i punti di riferimento" del volto: occhi, posizioni della bocca, lunghezza e forma del setto nasale.

La differenza, rispetto ad altre tecniche di deep fake e altri algoritmi che usano le reti generative avversarie, è significativa. Anziché insegnare all'algoritmo come incollare una faccia su un'altra usando un catalogo di espressioni prelevate da una persona sola, usano i tratti del viso che sono comuni alla maggior parte delle persone per poi manovrare come un pupazzo un nuovo volto.

I ricercatori hanno scritto nel paper che riconoscono potenziali applicazioni per avatar realistici in conferenze video, videogiochi ed effetti speciali—ma il senso di inquietudine ci trattiene spesso dall'abbracciare pienamente l'uso di strumenti del genere per le persone reali. Sperano che il loro lavoro possa cambiare questa cosa, dati i requisiti minimali e il realismo "perfetto."

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.

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<![CDATA[Le piante modificate geneticamente per combattere il cambiamento climatico]]>https://www.vice.com/it/article/paj53n/modificare-geneticamente-piante-conservare-co2-cambiamento-climaticoMon, 15 Jul 2019 14:45:41 GMTUn gruppo di scienziati ha scoperto come modificare geneticamente le piante affinché le loro radici crescano più in profondità, così da migliorare potenzialmente la loro capacità di immagazzinare CO2, resistere alla siccità e proteggersi dalle inondazioni.

La ricerca è legata alla Harnessing Plants Initiative del Salk Institute, che mira a usare le piante per catturare anidride carbonica dall'atmosfera e conservarla nel terreno.

Quando le radici di una pianta si sviluppano di più, contribuiscono a conservare la CO2 più in profondità, dove il terreno è più stabile. Controllare la crescita delle radici di una pianta, però, non è proprio semplicissimo. Gli scienziati sanno da tempo che l'ormone auxina è responsabile del processo, ma, finora, non erano certi di come condizionasse precisamente la forma del sistema di radici. Lo studio in questione, pubblicato la settimana scorsa su Cell, ha usato l'arabetta comune (Arabidopsis) per identificare un gene specifico—EXOCYST70A3—che controlla il modo in cui le radici crescono, alterando quanta auxina arriva alle estremità. Questo gene, o un suo simile, è presente in tutte le piante, il che permetterebbe ai ricercatori di manipolare quasi qualsiasi pianta e munirla di radici più estese.

Come capisci cosa fa un gene? Lo spegni. Per natura, le radici crescono in molte direzioni, ma spesso si correggono per puntare in basso. I ricercatori hanno ipotizzato che il gene EXOCYST70A3 fosse responsabile della direzione presa dalle radici in crescita, così hanno provato a vedere cosa succede quando smette di funzionare. Quando hanno modificato l'attività di EXOCYST70A3, spegnendolo o amplificandolo, le radici della pianta, che in genere sono abbastanza scarse, si sono sviluppate molto più in profondità.

Quando le radici di una pianta crescono, conservano CO2 in carboidrati complessi che non sono facili da spezzare per i microbi del suolo (un processo che rispedisce l'anidride carbonica dritta in atmosfera). La Harnessing Plants Initiative sta lavorando per far sì che le piante trattengano più CO2 nella molecola suberina, una componente fondamentale del sughero. La suberina si trova nelle radici della piante e sembra piuttosto resistente alla decomposizione. Riuscire a far crescere radici in profondità, dunque, significa anche ridurre le probabilità che la CO2 riesca a tornare in atmosfera.

"L'idea non è semplicemente conservare quantità maggiori di CO2, ma di farlo in parti del terreno dove la CO2 è più stabile," ha detto l'autore principale dello studio, Wolfgang Busch. "Cambiare la biochimica, aumentare la stabilità."

I ricercatori hanno spiegato che questa tecnica ha un potenziale particolare per i raccolti. Molti di essi (pensate alle pannocchie) sono composti da piante ben più grandi dell'arabetta comune, e possono sviluppare sistemi di radici profonde. E dato che sono coltivate in modo esteso a prescindere, sono una cavia perfetta per questo tipo di manipolazione genetica, ha detto Busch.

Ci sono poi altri benefici. Poiché l'arabetta comune è così piccola e in genere non ha un sistema di radici esteso, le radici superficiali si sono dimostrate utili per farla reggere alla siccità. Ma con un sistema più profondo, molte piante potrebbero sopravvivere con meno acqua—perché anche se il sole brucia la parte più esterna del terreno, le radici possono raggiungere i depositi di acqua più sotterranei. A sua volta, una quantità maggiore di CO2 nel suolo, può aiutare un terreno a trattenere l'acqua, ha detto Busch. Inoltre, può rendere il terreno più stabile, proteggendolo dall'erosione causato dalle alluvioni.

Insomma: non solo le piante possono aiutarci a rallentare il cambiamento climatico, ma potrebbero anche iniziare a proteggersi contro alcuni dei fenomeni atmosferici estremi che il cambiamento climatico causa. I ricercatori intendono testare presto questa nuova tecnica di editing genetico su altre piante, con la speranza che sempre più specie possano catturare e conservare meglio la CO2.

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.

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<![CDATA[Questa mappa mostra quanto farà caldo nelle nostre città nel 2050, e fa paura]]>https://www.vice.com/it/article/a3xmne/mappa-interattiva-clima-citta-2050-caldoFri, 12 Jul 2019 10:26:45 GMTNell'ultimo secolo abbondante, l'attività umana sul pianeta ha causato un piccolo problema di cui probabilmente avete sentito parlare parecchio negli ultimi tempi: il cambiamento climatico. Sì, il clima è sempre cambiato nella storia del pianeta—glaciazioni, microglaciazioni, periodi in cui invece posti come la Groenlandia erano allegre distese di pascoli verdeggianti—ma mai così rapidamente. Anziché mutare nel corso di migliaia di anni, gradualmente, il clima ora è impegnato in una corsa pazza verso la più realistica interpretazione dell'inferno su terra.

E l'umanità non è solo la principale responsabile, ma anche tra le inevitabili vittime: non siamo pronti alle proporzioni catastrofiche che gli eventi naturali assumeranno o stanno già assumendo—cicloni, incendi fuori controllo, alluvioni anomale, desertificazione rapida e siccità, innalzamento dei mari e via dicendo—principalmente perché siamo tanti (tantissimi) e perché viviamo in città sempre più popolose, che non hanno le infrastrutture per affrontare eventi così violenti.

Le città sono punti nevralgici della nostra economia e vita: sapere come sarà vivere in ognuna di esse tra 20, 30 o 50 anni è fondamentale per cercare (ora che abbiamo ancora tempo—poco, ma l'abbiamo) di limitare i danni e invertire la rotta su cui siamo.

Il progetto Future Cities, nato dal gruppo di ricerca di scienze della terra Crowtherlab, mostra in modo semplice e diretto con una mappa interattiva le temperature delle città principali del mondo nel 2050—tutte più calde di ora, sì, ma alcune in modo significativamente peggiore di altre. Come sarà vivere a Roma, tra qualche decennio? E a Torino? Torino è immersa nel verde, dai, non può andare male. Ha senso trasferirsi tutti in Artico? Almeno lì la situazione sarà più tollerabile? Ecco, non proprio.

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In verde, le città la cui temperatura cambierà, ma restando entro un clima già noto in altre parti del mondo. In rosso, invece, le città che sperimenteranno una situazione climatica senza precedenti. Immagine via: Plos One

Prendiamo l'Italia e proprio Torino come esempio: il sito dà la possibilità di selezionare la temperatura annuale media, quella del mese più caldo dell'anno e quella del mese più freddo. Il confronto tra questi tre dati è fondamentale per capire che l'aumento delle temperature medie globali—previsto oltre la soglia dei 1,5°C in più rispetto alla media preindustriale entro i prossimi 10 anni, se non muoviamo il culo e facciamo qualcosa—non significa che sarà semplicemente un pochino più caldo. 1,5°C in più sembrano una sciocchezza, visti così, ma, in realtà, comportano essenzialmente un generale sconvolgimento di equilibri naturali molto delicati, per cui le conseguenze sono fenomeni estremi. Un buon esempio di fenomeno estremo, tornando a come sarà Torino tra 50 anni, sono i quasi 8 gradi in più nel mese più caldo. Se consideriamo, per esempio, che a giugno del 2019 il capoluogo piemontese ha toccato i 40 gradi, non è un bel conto da fare. Il sito paragona efficacemente la Torino del 2050 alla Dallas di oggi. Dallas è in Texas.

E proprio questo inaspettato parallelo tra città che non sono (in teoria) a latitudini paragonabili—un metodo che i ricercatori sfruttano per farci visualizzare facilmente il cambiamento che ci aspetta—è la parte più problematica. "Anche considerando uno scenario climatico ottimistico, abbiamo scoperto che il 77 percento delle città del futuro vivranno molto probabilmente un clima che è più simile a quello di un'altra città esistente che al loro attuale clima," hanno spiegato i ricercatori nello studio relativo al progetto e pubblicato sulla rivista Plos One. "Inoltre, il 22 percento delle città sperimenterà condizioni climatiche che non sono al momento vissute da nessuna grande città esistente."

La mappa delle città di Crowtherlab è solo una delle mappe disponibili sul sito del gruppo di ricerca e—buona notizia—potete partecipare in diversi modi ai loro progetti di salvaguardia delle foreste e della biodiversità. E potrebbe essere la decisione migliore che prendete oggi.

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<![CDATA[Un disastro come Chernobyl potrebbe accadere di nuovo?]]>https://www.vice.com/it/article/wjv4nw/chernobyl-puo-accadere-di-nuovo-dibattito-nucleare-rinnovabiliWed, 10 Jul 2019 09:50:56 GMTIl disastro di Chernobyl del 1986 è la catastrofe che incombe su ogni appello per un futuro ecosostenibile. Come possiamo fornire a quasi sette miliardi di esseri umani—molti dei quali vivono ancora in condizioni di povertà—l'energia e le risorse necessarie a vivere una vita dignitosa, cercando al contempo di ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili? Possiamo ottenere tutta l’energia di cui abbiamo bisogno solo attraverso le fonti rinnovabili?

Questo dibattito si è riacceso proprio ora, anche grazie alla popolarità della serie Chernobyl della HBO, che in Italia si è conclusa questa settimana su Sky.

La miniserie in cinque parti ci riporta nella città di Pripyat, in Ucraina, nelle prime ore del mattino del 26 aprile 1986. Mostra gli abitanti della città svegliati da un'improvvisa esplosione al reattore numero quattro della vicina centrale di Chernobyl. Mostra i primi soccorritori che tentano di spegnere il fuoco al centro del reattore, e che poi giacciono a marcire in letti d'ospedale nascosti, mentre la centrale in fiamme sparge una nube velenosa su tutta la regione. Segue gli scienziati che devono cercare di convincere la catena di comando a Mosca che, se gli altri sette reattori di Chernobyl seguiranno lo stesso destino, tutta l'Europa orientale diventerà un deserto nucleare inabitabile per circa 20.000 anni. Mostra le molte migliaia di cittadini sovietici che erano stati arruolati, correndo un enorme rischio personale, per le operazioni di risanamento.

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Immagine: HBO

Per fortuna, ci assicurano gli esperti, il disastro di Chernobyl è stato colpa dell'Unione Sovietica, dove la menzogna assoluta era particolarmente diffusa ai più alti livelli di comando. Dove un’élite governativa ha abusato della propria autorità. Dove le voci indipendenti sono state soffocate dalla propaganda e dalla volontaria diffusione di informazioni false. E dove la ricerca scientifica è stata respinta o soppressa quando non si adattava ai bisogni e ai desideri delle persone al comando.

Coloro che sostengono che un disastro come quello di Chernobyl non accadrà mai più contano anche sull'ingegneria. Il reattore presentava difetti fatali fin dalla progettazione, dicono. Si basava su una scienza sbagliata. Inoltre, l'Unione Sovietica aveva falsificato i libri contabili per decenni. Al di là degli errori umani nella sala di controllo, l'impianto era in uno stato di degrado endemico—nessuna centrale nucleare moderna sarebbe mai stata autorizzata a fare la stessa fine sotto supervisione internazionale.

Sostenere che Chernobyl non potrebbe mai accadere di nuovo è diventato un luogo comune in Occidente. Mentre le ricerche Google su Chernobyl sono aumentate dopo il successo strepitoso della serie televisiva (che è lo show televisivo con le valutazioni più alte su IMDB nella storia della televisione), il Nuclear Energy Institute—il braccio politico del settore della tecnologia nucleare americana—ha pubblicato una scheda in cui assicura agli americani la rigorosa sicurezza dei loro reattori rispetto a Chernobyl. Ha persino pubblicato annunci pubblicitari tra i risultati di ricerca su Google per Chernobyl affermando che “abbiamo bisogno del nucleare.”

Ma un disastro come quello di Chernobyl potrebbe accedere di nuovo, per certo. Le leggi della probabilità impongono quasi che qualcosa del genere succeda ancora.

I reattori nucleari sono, per definizione, immensamente difficili da controllare. Sono complessi e richiedono una manutenzione costante. Sono spesso l'obiettivo dichiarato dei terroristi. E sono vulnerabili agli eventi sismici e a quelli meteorologici anomali o catastrofici, che—grazie al riscaldamento globale causato dall'uomo—, stanno rapidamente aumentando in termini di regolarità e dimensioni.

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Immagine: HBO

Pensare di poter controllare qualcosa di così potente e imprevedibile come il nucleo del sole è da arroganti. Come la serie di HBO mostra brillantemente, i funzionari nella sala di controllo di Chernobyl non riuscivano neanche a concepire il fatto che il loro reattore fosse appena esploso nel cielo notturno. Quando uno tsunami ha colpito la centrale giapponese di Fukushima nel marzo del 2011, le indagini hanno trovato che regolamentazioni lassiste e un’azienda lenta nell’implementare i miglioramenti di sicurezza avevano reso l'impianto particolarmente vulnerabile. Alcuni degli stessi problemi sistemici che affliggevano Chernobyl—l'arroganza e l'autocompiacimento, i conflitti di interesse dei governi e l'interesse personale a minimizzare l'attenzione su un disastro—continuano ad affliggere la società moderna.

La brutta esperienza di Fukushima e il ricordo di Chernobyl non hanno scoraggiato i governi del mondo dall'investire nel nucleare. Le centrali nucleari sono attualmente in costruzione in tutti i principali continenti. A Murmansk, in Russia, la prima centrale nucleare galleggiante è in costruzione nell'oceano. Cinquantaquattro centrali sono attualmente in costruzione in 16 paesi, di 454 impianti attivi nel mondo. (Negli Stati Uniti, il tasso di costruzione di nuove centrali nucleari è rallentato fin quasi a fermarsi, e dopo che la tormentata centrale di Vogtle in Georgia sarà operativa, potrebbero passare molti anni prima che vedremo un nuovo impianto.) Questo avviene in un momento di crescente nazionalismo autoritario e conseguente indebolimento degli accordi bilaterali volti a mantenere i reattori sicuri, trasparenti e sotto l'egida della cooperazione internazionale.

Non c'è dubbio che la reazione sovietica a Chernobyl sia stata cinica. C’è stato un silenzio radio da parte di Mosca fino al 28 aprile, quando il politburo ha fatto una dichiarazione di 15 secondi al telegiornale della sera: “C'è stato un incidente nella centrale nucleare di Chernobyl.” Facendo notare che “l'assistenza è stata fornita” a chi è rimasto colpito e che “è stata istituita una commissione investigativa.”

Pochi giorni dopo, Moscow News, una pubblicazione autorizzata del politburo, aveva pubblicato un articolo con il titolo: "Una nube velenosa di antisovietismo." L'articolo si scagliava contro “una campagna premeditata e ben orchestrata,” che intendeva “coprire atti criminali di militarismo da parte degli USA e della NATO contro la pace e la sicurezza.” Non è cambiato molto da allora. Recentemente, RT, la rete e la pubblicazione di propaganda russa, ha liquidato la serie HBO come "fondamentalmente fasulla."

Eppure, al di là della negligenza governativa, la serie racconta anche una storia di speranza. Le operazioni di risanamento attorno a Chernobyl hanno coinvolto più di 600.000 persone: alcune, senza mai essere state ricordate per nome o riconosciute, hanno a pieno titolo il merito di aver salvato milioni di vite.

Per quanto possa sembrare irriverente, la serie HBO mette in scena quindi una storia di successo. Con enormi e tragici costi umani, la gente comune dell'Unione Sovietica è riuscita in gran parte a minimizzare la ricaduta nucleare pagando un prezzo personale altissimo. Sebbene le successive generazioni di innocenti in Ucraina e Bielorussia abbiano sofferto in modi inimmaginabili, la serie mostra abilmente quanto Chernobyl abbia portato l'Europa sull'orlo di una devastazione quasi totale, e come questi eroi sconosciuti ci abbiano salvato da quel baratro.

Chernobyl è anche una storia di natura. Lo scorso novembre, me ne stavo di fronte al reattore senza nessun indumento di protezione, per un reportage per VICE. Non solo: durante un viaggio finanziato dalla Fondazione Culturale Ucraina, sono andato a un rave a Pripyat.

Per chiunque sia interessato ai processi di rinaturalizzazione, la zona di esclusione di Chernobyl è un caso fondamentale. Nei mesi successivi all'esplosione, è stato ucciso qualsiasi animale in vista e ogni albero secco raso al suolo. Ma, senza l’interferenza dell’umanità, quello che era il posto più pericoloso sulla terra ha iniziato a riprendersi. I mesi estivi sono animati dal canto degli uccelli. Lupi, orsi, linci e cinghiali, liberi dalla caccia umana, vagano per i boschi. Anche con meno sei gradi e la neve alta, com'era quando ero lì, le radici e i rami degli alberi si snodano e si fanno largo tra le case abbandonate. In soli 33 anni, Chernobyl è stata drasticamente e gioiosamente riassorbita dalla natura.

La serie Chernobyl di HBO ha riportato il tema dell'energia nucleare nella coscienza nazionale proprio mentre le attuali proteste ambientali come quelle di Extinction Rebellion e le proteste studentesche guidate da Greta Thunberg stanno richiamando con successo l’attenzione dei media sul cambiamento climatico.

Ma qual è l'alternativa che sostengono questi movimenti? In America, i combustibili fossili forniscono il 78 percento dell'energia nazionale. Nel Regno Unito, la cifra è del 52 percento, con un 18 percento derivato dalle centrali nucleari esistenti. Chernobyl, Fukushima e i movimenti di attivismo antinucleari hanno portato a un rallentamento degli investimenti nucleari negli Stati Uniti; nel frattempo, la rete dell’energia continua a essere dominata dai combustibili fossili, non dalle energie rinnovabili. Al momento, l'energia nucleare è ancora di gran lunga la soluzione più efficiente per generare energia a basse emissioni di CO2. Se vogliamo immaginare un futuro senza combustibili fossili, la proliferazione dell'energia nucleare deve continuare, nel nord e nel sud del mondo, insieme e collaborando a una rivoluzione simile nelle energie rinnovabili.

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.

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<![CDATA[Sulle Dolomiti, un gruppo di persone sta organizzando un’utopia reale]]>https://www.vice.com/it/article/xwnpaa/simposio-none-vilaggio-eni-borca-dolomiti-festival-utopiaFri, 28 Jun 2019 08:20:05 GMTIl Villaggio Eni di Borca di Cadore nasce sulle Dolomiti negli anni Cinquanta del Novecento, un periodo storico in cui la parola utopia non suscitava terrore ma stimolava l’ingegno. È un villaggio di 100.000 mq edificati, voluto da Enrico Mattei e progettato da Edoardo Gellner per ospitare i dipendenti dell’Eni per le vacanze. Durante il periodo di attività, le oltre 200 villette monofamiliari venivano assegnate tramite sorteggio, e non c’era alcuna distinzione tra operai e dirigenti. Il villaggio di Borca è uno dei rari casi italiani in cui progettualità, società e utopia hanno dato luogo a una complessa e raffinata infrastruttura architettonica.

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Tutte le foto per gentile concessione di ProgettoBorca

Con il passare degli anni, però, quella che doveva essere la sede di un’utopia sociale ha sfiorato il degrado—in una bella metafora dei tempi che sono trascorsi e stiamo ancora vivendo. Ma a partire dal 2002 l’intero villaggio viene acquisito da Minoter che lo riqualifica insieme allo stesso Gellner. Nel 2014 Minoter incontra Dolomiti Contemporanee dando vita a un progetto che prevede, tra le altre cose, residenze artistiche. È in questo contesto di architetture industriali incastrate tra alberi e rocce da 250 milioni di anni che dal 4 al 7 luglio avrà luogo Simposio: una tre giorni di talk, workshop e performance artistiche organizzata dal collettivo romano NONE.

L’idea di un simposio nasce nel 2017 dal bisogno di un progetto sociale e culturale e allo stesso tempo libero da mediazioni e committenze. “Non abbiamo fatto altro che riprendere un format millenario, il Simposio appunto. Siamo partiti coinvolgendo amici e creando affinità per sviluppare un progetto senza scopo di lucro. Abbiamo anche cercato partner e istituzioni che sostenessero l’iniziativa, senza molto successo: la cultura, l’arte e l’intelletto non sono il primo punto dell’ Agenda Italia,” mi ha detto Gregorio De Luca Comandini, portavoce di NONE. “Conoscevamo il lavoro di valorizzazione svolto dal Progetto Borca, abbiamo proposto l’idea di una comune simposiana, è piaciuta ed eccoci qua.”

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Nel corso del soggiorno ci saranno degli speech tenuti da attivisti e ricercatori. Tra gli altri, Tatiana Bazzichelli di Distruption Lab e Andrea Natella, ex membro di Luther Blisset. Inoltre, terranno dei laboratori MACAO, Kabul Magazine, La Scuola Open Source, Clusterduck e Francesco Nucci, Presidente della Fondazione Volume!. Ci saranno poi performance di Marco Donnarumma e dei Luminous Bees, e opere di fuse*, dotdotdot, Quiet Ensemble, Donato Piccolo, Kamilia Kard, NONE collective, Cristian Rizzuti. Proiezioni—tra cui quella di Apocalipse WOW!, un cortometraggio con protagonista Franco “Bifo” Berardi—e infine i live musicali di Tullia Benedicta, Teiuq, Cosimo Damiano, Marco Ubik Bonini, Arssalendo, Hubble, Mai Mai Mai.

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“Nel 2019 parole come assemblea e collettivo rimandano a un mondo vecchio, kefiah ed eskimo, che suona sfigato. Eppure ci sono persone, gruppi, progetti che provengono da quell’estrazione ma che non corrispondono più allo stereotipo, che si sono calate nell’attivismo e nello sviluppo di modelli artistici, culturali ed economici alternativi,” ha continuato De Luca Comandini. “L’utopia reale di Simposio significa lavorare insieme per lo sviluppo di progetti indipendenti strutturati. Oggi siamo talmente immersi nel tecnocapitalismo che abbiamo la sensazione di non poterne più prescindere, ma è necessario uscirne, proporre un’alternativa.”

Ogni giorno a Simposio si terrà un’assemblea plenaria di tre ore in cui si farà il punto su speech e laboratori, nonché su una serie di temi generali proposti dai partecipanti all’interno di un Google Doc. Le domande—che per ora vanno dalle questioni ambientali passando per l’intelligenza artificiale, il suffragio universale, la genetica e la cooperazione—verranno estratte a sorte e sottoposte a tutti.

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“Le partecipazioni sono avvenute abbastanza spontaneamente: la rete di contatti e collaborazioni si è allargata anche a persone e contenuti che non conoscevamo ma che hanno mostrato interesse. L’intenzione principale è stata quella di diversificare i contributi individuando lavori e ricerche di diversa natura, accostando figure di diverse competenze, diversi punti di vista. Noi non siamo dei curatori, non abbiamo intenzione di rappresentare un quadro esaustivo della scena contemporanea, non abbiamo aspirazioni di ricerca scientifica. Deve esserci per forza un obiettivo preciso? Noi non lo crediamo,” ha concluso De Luca Comandini.

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Se vi siete incuriositi e volete partecipare a Simposio, i biglietti giornalieri sono prenotabili qui.

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