Se ti piacciono i videogiochi, avere una vagina è ancora un problema
Foto: omgitsfirefox, una delle più famose ragazze streamer di Twitch

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Tecnologia

Se ti piacciono i videogiochi, avere una vagina è ancora un problema

"Vorrei far notare come è solo colpa del vostro testosterone se succedono queste cose, non delle ragazze che giocano e postano cose."

Ho passato praticamente tutta l'infanzia e la prima adolescenza a giocare ai videogiochi insieme ai miei tre fratelli, ma non mi sono mai considerata una cosiddetta "gamer", né tantomeno una "hardcore gamer". In generale, non sentivo l'esigenza di una definizione specifica—Giocavo e basta, no?

Ad anni di distanza, però,—dopo aver abbandonato il controller e le console per dedicarmi al mondo dei videogiochi online da desktop—le definizioni di questo tipo sono diventate un problema reale che affronto ogni giorno.

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Ho iniziato a giocare parecchio a Gunbound, un gioco coreano molto simile a Worms, per poi passare a Hearthstone, un gioco di carte targato Blizzard molto simile a Magic: The Gathering. Infine, non ho potuto evitare di cadere nel tunnel di League of Legends, la produzione Riot Games. Così mi sono addentrata nel mondo delle competizioni online, ed è proprio grazie a questo videogioco che ho conosciuto e ho giocato con moltissime ragazze e ragazzi provenienti da ogni parte dell'Europa.

L'idea che i videogiochi siano un mondo dal taglio demografico eterogeneo non è, però, un concetto così scontato: il luogo comune secondo cui i videogiochi sono "cose da maschi" è ancora talmente radicato nella nostra società che basta una rapidissima ricerca su Google per capire di cosa parlo: provate a cercare "gamer girl" e fatevi una risata. Quella che verrà fuori è una carrellata di immagini di ragazze con molto seno e pochi vestiti, per lo più costituiti da controller, cavi e cassette del GameBoy.

Gli stereotipi sul mondo dei gamer non riguardano, ovviamente, solo le ragazze, scaraventate nell'immaginario maschile nei panni di fighe stratosferiche seminude che tengono in mano un controller (con cui poi effettivamente non giocano, secondo lo stereotipo); ma anche i ragazzi, che vengono spesso immaginati come asociali e non attraenti. Il problema è, però, che nelle community di videogiochi spesso e volentieri sono di fatto le gamer a venire stereotipate proprio da questi "nerd" e non prese sul serio dagli utenti solo per il fatto di essere delle femmine. Così facendo questi ragazzi, inizialmente vittime del classico stereotipo del "nerd" (capelli unti, sfigato, zero vita sociale, nessuna ragazza all'orizzonte—e lo virgoletto proprio per il fastidio che provo nell'utilizzarlo) diventano, al contrario, perpetranti del cliché della donna gamer: o è una bella ragazza solamente in cerca di attenzioni, fama o soldi, oppure è un roito inguardabile che si butta sui videogiochi per avere una vita decente almeno nella virtualità.

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Fino a qualche anno fa il fatto che fossi una ragazza e giocassi contemporaneamente ai videogiochi non era un fatto particolarmente strano per nessuno. Nemmeno mia madre, che è una di quelle "all'antica", ha mai osato dirmi: "Tu sei una ragazza, non dovresti giocare", al massimo si limitava a sgridarmi e a intimarmi di studiare e staccare la testa dal mio GameBoy. Andando avanti con gli anni, però, mi sono resa conto che non per tutti è normale che una ragazza abbia un hobby come quello dei videogiochi, e che per molte persone si tratta ancora di un territorio prettamente maschile. Per capire un po' meglio il modo in cui viene affrontato l'argomento, mi sono fatta un giro su qualche forum di videogiochi online, e ho potuto notare come alcune persone, ancora nel 2016, ragionino secondo luoghi comuni:

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Screengrab via

Secondo questo utente, ad esempio, una ragazza che gioca ai videogiochi lo fa perché è brutta, quindi "non esce di casa" e si isola perché non è accettata dalla società, "diventa lesbica e si mette a giocare e diventa nerd". Le eccezioni—ovvero le ragazze "attraenti"—giocano per attirare l'attenzione di qualcuno (di solito, del loro ragazzo che è "un mezzo nerd") e, in linea di massima, non sono veramente appassionate. Poi ci sono le eccezioni delle eccezioni: ragazze attraenti che giocano ai videogiochi mosse da passione genuina, ma sono come Nessie di Loch Ness: qualcuno ne parla, ma nessuno l'ha mai visto veramente.

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Ciò che turba di questa definizione non è solo il fatto che sia basata sul pregiudizio, ma che questo pregiudizio sia di natura prettamente sessuale; l'unico parametro che secondo certi membri della comunità può collegare le ragazze ai videogiochi è il sesso: in negativo (perché non ne fanno) o percepito in positivo (perché lo cercano online). Se anche esistesse altro, per loro è pura mitologia.

Il sessismo che ancora pervade molti forum e giochi (online e offline) è uno dei motivi per cui mi sento sempre a disagio a mettere le mie carte in tavola e scelgo spesso di nascondere il fatto che sono una ragazza, di non definirmi per evitare gli stereotipi che accompagnano la definizione di ragazza gamer. Per chiarezza, riporto alcuni esempi comparsi su un topic del forum della community italiana di League of Legends.

Questo tipo di atteggiamento sessista è intimidatorio e scoraggia le persone a creare una community che sia trasparente e vivibile. Screengrab via

Il "bullismo sessista", se così si può definire, non avviene solamente nei forum, ma anche nelle community su Facebook. Mi è capitato spesso, soprattutto quando giocavo a Hearthstone, di trovare delle difficoltà nel gioco e di voler chiedere una mano a qualcuno, o semplicemente condividere delle riflessioni sulle partite. Così mi sono iscritta al gruppo su Facebook, e ho iniziato a osservare, restando a distanza, la vita della comunità per capire come inserirmi. Quello che ho visto non è stato di grande aiuto: il fatto che i post siano praticamente al 90% scritti da maschi non è, ovviamente, un problema di per sé; ma lo diventa nel momento in cui implica un certo tipo di atteggiamento nei confronti delle ragazze che si espongono con un post nel gruppo.

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Prendiamo come esempio questo post, in cui una ragazza semplicemente si presenta, ringraziando per essere stata accettata nel gruppo:

Che tipo di risposta ci si aspetterebbe in questo caso? Semplicemente un "benvenuta", o al massimo una richiesta di nickname per poter prendere parte a una sessione di gioco insieme. Effettivamente alcuni hanno fatto così. Dopo pochi minuti, però, il post ha iniziato a prendere una brutta piega:

Che quelli intervenuti siano troll o meno (e molti, vi assicuro, non lo sono), non è importante: se io fossi stata al posto di quella ragazza, credo che avrei cancellato immediatamente il post e mi sarei tolta anche dal gruppo. Anche da spettatrice, questo post mi ha provocato fastidio e amarezza: se scrivessi io un post cosa succederebbe? Andrebbero a vedere le mie foto per commentarle tra loro? Inizierebbero a chiedermi di "uscire" le tette anziché rispondermi in maniera consona? Se chiedessi di giocare con qualcuno, quanti mi prenderebbero sul serio senza massacrarmi solo perché ho una vagina?

Per essere sicura che questo non fosse un caso isolato, mi sono messa a scorrere tra i post precedenti per trovare qualche tipo di traccia: volevo vedere quale era stato in passato il comportamento degli utenti con altre ragazze intervenute nelle discussioni.

In mezzo a post come questo:

E commenti come questo:

Ho trovato un post in cui una ragazza mostrava lo schermo del PC in cui si vedeva evidentemente il suo grado in classifica (5, un grado parecchio alto e difficile da raggiungere su Hearthstone), e una tazza di tè: insomma, il pomeriggio perfetto.

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Il post sembrerebbe innocuo, ma evidentemente basta poco per smuovere le acque della community e risvegliare i peggiori istinti. I troll si scatenano, e subito gli altri utenti, fomentati, corrono dietro, in quella che diventa una parata di commenti sessisti e parecchio fastidiosi, tanto che la ragazza stessa arriva a dire di voler creare un account fake con cui pubblicare sulla pagina, per non essere più importunata.

Qualcuno le fa notare che "è colpa sua perché ha pubblicato un post stupido e non in linea con il gruppo", e lei giustamente fa notare che la questione non è esattamente così.

Ecco centrato pienamente il punto. La colpa non è di una ragazza perché sta giocando o sta postando qualcosa. Questa argomentazione ricorda in modo inquietante quella di chi sostiene che una ragazza che subisce una violenza sia in parte responsabile della stessa per come si veste.

Per queste ragioni, ho iniziato io stessa ad adottare delle strategie nella vita online di tutti i giorni quando mi iscrivo a qualche nuovo gioco online, ad esempio: sto sempre attenta a scegliere un nome che sia neutro o che sia un rimando a qualche nomignolo—mai il nome—e che non abbia alcun riferimento al mio genere, non scelgo mai il sesso nelle impostazioni, non uso quasi mai Skype o Teamspeak per parlare in tempo reale con gli altri giocatori del mio team (a meno che non siano persone che conosco già) e non ribatto mai quando qualcuno, durante la partita, si rivolge a me chiamandomi "man" o "dude", dando per scontato che io sia un maschio. Glielo lascio credere, perché la convivenza durante la partita è oggettivamente più facile.

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Vero è che mi è capitato spesso di rivelare questo "segreto" e di ricevere indifferenza, ma altre volte qualcuno della squadra ha iniziato a insultarmi al primo errore, attribuendo le mie mancanze al mio genere. "Si vede che sta giocando una femmina," "posa quel controller e torna in cucina," sono, credo, le frasi che una gamer si sente ripetere più spesso da ragazzi che credono ancora che i videogiochi siano "cose da uomini".

Una discreta top 5 delle "sexy gamers girls" che giocano a League of Legends.

A dispetto di quello che certi commenti sembrano ribadire, ormai il mercato dei videogiochi si divide quasi equamente tra maschi e femmine; ovviamente le statistiche vanno prese con le pinze, in quanto i rapporti tendono a essere falsati dal numero impressionante di persone che gioca ai videogame da mobile, i quali non vengono considerati "gamer". In ogni caso, il fatto che il mercato ormai si divida quasi equamente tra giocatori maschi e femmine, è un segnale importante del fatto che il territorio non è più presidiato da un pubblico prettamente maschile.

Se anche una parte di queste ragazze giocasse effettivamente per moda o per farsi benvolere da qualcuno, oltre a chiederci quanta importanza possa mai avere la cosa, dovremmo anche ridimensionarla al contesto. Con una percentuale di giocatrici che sfiora il 48% sul totale dei gamer, il panorama è già cambiato, si sta diversificando sempre di più— stereotipi, sessismo, razzismo e omofobia, dovrebbero essere già fuori tempo massimo.

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D'altronde, la definizione stessa di "gamer", quella a cui io non ho mai sentito l'esigenza di appartenere, è in crisi da un po'. Dal famoso articolo apparso quasi due anni fa su Gamasutra, che criticava duramente la parte reazionaria della comunità—quella incapace di accettare un cambiamento che riguardava tanto la natura stessa dei videogiochi quanto il loro pubblico—, la faida su cosa sia (o non sia più) un gamer non si è ancora placata.

L'unico parametro che secondo certi membri della comunità può collegare le ragazze ai videogiochi è il sesso: in negativo (perché non ne fanno) o percepito in positivo (perché lo cercano online).

È interessante il fatto che ci sia una fascia demografica aggrappata strenuamente al termine "gamer"—per una vera e propria questione di identità—e, contemporaneamente, un certo pubblico femminile che preferisce evitare la parola "videogiocatrice" perché legata a preconcetti di falsità, mediocrità e cliché sessuali. Queste sono, a mio avviso, due facce della stessa medaglia, entrambe condizionate da un giudizio sociale conservatore e tendenzialmente sessista. Resta insomma ancora un velo di tabù, che si traduce, sulla totalità, nel 15% degli uomini che si considera un "gamer", contro il 6% delle donne, meno della metà. Io stessa ho ricevuto spesso insinuazioni di questo tipo: mi è capitato di sentirmi dire: "Ma come, vai a casa e giochi al computer? Ma fai quello che fanno tutte le ragazze ed esci a fare shopping!" "Scommetto che giochi solo perché gioca il tuo fidanzato", o cose di questo tipo.

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Il problema non riguarda più una nicchia, ma è diventato un argomento scomodo, tanto che perfino le grosse aziende non hanno più potuto fare finta di niente. Intel, dopo lo scivolone della rimozione degli ads su Gamasutra durante il movimento #GamerGate, ha deciso di prendere parte attivamente alla risoluzione del problema, organizzando un campionato di e-sports con squadre composte solamente da ragazze. Questo gesto non vuole necessariamente provocare una divisione ulteriore, ma essere un primo, piccolo passo per porre attenzione alla questione. Che sia una strategia di marketing per redimersi o semplicemente un interessamento genuino al problema, poco importa: Intel ha trovato una soluzione transitoria che, si spera, aiuterà le "gamer" ad essere notate per la loro bravura ed essere magari inserite successivamente in squadre che, per ora, sono composte solamente da uomini.

Non è la prima volta che grandi brand si dissociano da comportamenti scorretti, sessisti o provocatorii dei propri utenti, come è successo quasi due anni fa durante un torneo europeo di campioni di Starcraft, dove il gamer Mikhaylo Gaida è stato squalificato a causa di un tweet più che borderline, pubblicato sul suo profilo poco prima della competizione:

Screengrab via

L'azienda che organizzava il torneo, Fragbite Masters, ha subito squalificato il giocatore dalla competizione, e ha tenuto a far sapere agli utenti che il brand di dissociava totalmente da questo tipo di comportamenti sessisti:

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Dato il contesto in cui ancora si trova questo dibattito, è perfettamente comprensibile che una ragazza si senta "sbagliata" o a disagio perché gioca ai videogiochi, o che voglia nascondere la propria identità online, per evitare abusi verbali esclusivamente basati sul genere sessuale. Questo aspetto, in ultima analisi, è dannosa perché condiziona un'enorme fetta di mercato a non vivere liberamente la propria passione (o generico interesse che sia) per i videogiochi. Inutile dire che la perdita è economica, oltre che umana. Una delle critiche più popolari mossa contro questo ragionamento, è quella per cui in ogni gioco online prendersi a male parole è la norma, e che avviene in modo indistinto, perché possedere una vagina non rende immuni agli insulti.

Screengrab via

La situazione non è così semplice: se sto giocando malissimo una partita perché non mi va la connessione e il mio ping sta schizzando alle stelle, è accettabile ricevere qualche insulto. Ma tra gli insulti "generici" e quelli "misogini" c'è un abisso. Questi ultimi se la prendono con una donna in quanto tale, non per le sue abilità nel gioco. L'assunto implicito diventa: "Siccome è una donna, allora non sa giocare bene quanto un uomo".

Per fare un altro esempio, "Not In The Kitchen Anymore", è un sito in cui una ragazza gamer riporta metodicamente tutti gli insulti e le strane esperienze vissute online, tramite registrazioni audio e trascrizioni delle conversazioni. Le è stato chiesto dal nulla se "per caso succhia anche i cazzi" ed è stata rintracciata e stalkerata su Facebook solo perché aveva fatto l'errore di mettere il suo nome come identity nel gioco.

Per ogni giocatore molesto e offensivo che si trova su qualche gioco online che invita con pochi preamboli una gamer a posare il controller e tornare in cucina, ce ne sono sicuramente altri a cui non importa nulla dell'identità di genere dei propri compagni né dei motivi per cui giocano, come dimostrano alcuni commenti di questo topic. Ugualmente, il problema rimane—come illustra perfettamente un documentario della BBC sul tema uscito recentemente—e debilita la comunità e la cultura dei videogiochi più di quanto la maggior parte delle persone sia disposta a credere.

A mio parere, è così che dovrebbe funzionare una qualsiasi community, che sia in ambito sportivo, videoludico o altro: competizione sì, ma tenendo a mente la priorità del lasciare libertà a tutti di postare, chiedere consigli e chiacchierare, senza stereotipi di qualsiasi genere. Ciò che importa davvero, in fondo, è essere un giocatore valido, avere una buona strategia e saper fare gioco di squadra. Io, in tutta onestà, me la cavo discretamente bene.

Segui Linda su Twitter: @codogne