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Anche l'ISIS è un pretesto per continuare con lo stato di sorveglianza

Prima Al-Quaeda, poi l'ISIS. Non c'è niente di meglio che una minaccia per convincere le persone che sia un bene farsi sorvegliare.
Immagine: VICE News

All'indomani dell'11 settembre l'amministrazione Bush, con l'aiuto del Congresso, ha usato la minaccia di al-Qaeda per giustificare e legalizzare un sistematico stato di sorveglianza. Ora, 13 anni dopo, alcuni legislatori stanno usando la stessa tattica, questa volta utilizzando la minaccia che costituisce lo Stato Islamico—e le paure che il gruppo suscita —per sostenere che lo stato di sorveglianza vada perpetrato e preservato.

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I documenti portati alla luce da Snowden hanno rivelato quanto la sorveglianza sia ormai istituzionalizzata e pervasiva, e sembra che l'opinione pubblica americana e alcuni legislatori si siano finalmente resi conto che si è passato il segno. Al-Qaeda non c'entra questa volta, non ci sono stati attacchi terroristici sul suolo americano dall'11 settembre, le persone sono semplicemente stufe di sapere che le spie governative tengono sotto controllo le comunicazioni private.

SE LE PERSONE NON CAPISCONO I PERICOLI A CUI andiamo incontro, è COLPA DEL GOVERNO

Ma poi lo Stato Islamico ha iniziato a far parlare di sé.

James Foley, un giornalista americano, è stato brutalmente decapitato dai terroristi dell'IS. È poi stato ucciso un altro giornalista e un cooperante scozzese. Questi irrazionali omicidi hanno fatto nascere un giustificabile sdegno e un'ancor più giustificabile paura.

E molti politici americani hanno iniziato a parlare con toni simili a quelli usati poco dopo l'11 settembre, un periodo in cui agenzie antiterroristiche come l'NSA avevano completa libertà di azione, senza alcuna condizione.

"L'approvazione dell'USA PATRIOT Act è stata veloce, frettolosa e, apparentemente, non c'è stato alcun dibattito in formato a livello nazionale, verosimilmente a causa dell'idea per cui in presenza di una crisi è richiesta una soluzione pragmatica e veloce," ha affermato Winston Nagan, professore di legge alla University of Florida.

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C'è molto fermento in questo periodo dal punto di vista legislativo: il Congresso potrebbe considerare l'USA FREEDOM Act, che porterebbe all'eliminazione completa della sorveglianza di massa permessa dal Patriot Act. Oppure questo provvedimento potrebbe essere ignorato, e lo stato di sorveglianza sopravviverebbe: è questa la prospettiva del senatore Lindsay Graham, che settimana scorsa ha detto al National Journal che sarebbe una follia far passare il FreedomAct in un momento del genere.

"Se le persone non capiscono quali siano i pericoli a cui la nostra patria è ora esposta è colpa del Congresso," ha detto Graham. "Se stiamo controllando un terrorista io voglio sapere a chi sta telefonando. Voglio una totale sorveglianza, e il controllo giurisdizionale. Non è proprio questo il momento di sminuire le nostre capacità di prevenire un attacco terroristico prima che accada."

If we're looking for a needle in a haystack, let's make the haystack smaller, @SenThadCochran, & protect privacy. #StopSpying #USAFreedomA

— Liberty Coalition (@4yourfreedom) September 11, 2014

Graham vive in una favola se pensa che la "sorveglianza" e il "controllo giurisdizionale" siano le cose di cui l'NSA si è occupata in questi 13 anni. Ed è questo tipo di retorica che ci ha portato allo stato di cose presente; ed è il tipo di retorica che farà sì che lo stato di sorveglianza sopravviva.

"Il programma di sorveglianza di massa dell'NSA invade la privacy di milioni di persone e il governo ha fatto di tutto per provare che questi piani sono in realtà d'aiuto per prevenire attacchi terroristici," mi ha detto RaineyReitman, direttore della Electronic Frontier Foundation. "Non dovremmo permettere a nessuno di usare la minaccia dell'ISIS come una scusa per fortificare la sorveglianza di centinaia di milioni di persone normali, cittadini americani e non."

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Ha ragione: gli attacchi dell'11 settembre hanno dimostrato il fallimento delle strategie dell'intelligence americana, tanto che al momento la cosa più semplice da fare sembrava far approvare qualsiasi parvenza di soluzione e solo poi analizzarne i contenuti e promuovere un dibattito sulla questione. L'anno scorso anche la Casa Bianca ha ammesso che la tattica non è stata efficace e non è stato sventato alcun attacco terroristico.

Ecco perché queste prossime settimane saranno cruciali. Il Congresso si renderà conto del fallimento dello stato di sorveglianza? Oppure lo manterrà, motivato dalle nuove paure che lo Stato Islamico provoca nell'Occidente?

"In precedenza la sorveglianza totale sembrava essere la soluzione ai problemi che ci affliggevano," mi ha detto Amie Stepanovich, esperta di libertà civili. "Credo questa sia un'opportunità per applicare gli insegnamenti degli ultimi 13 anni e cercare di elaborare soluzioni adatte a fronteggiare i pericoli che ci minacciano ora e che ci minacceranno in futuro."

Per lo meno questa volta ci sono legislatori come Ron Wyden che vogliono imporsi come voce della ragione, e sostengono che gli eccessi non sempre sono positivi ma anzi, spesso sono la soluzione peggiore.

"Il senatore Wyden sostiene che sia assolutamente possibile garantire la sicurezza degli americani e colpire duramente le forze terroristiche come l'ISIS senza sorvegliare milioni di cittadini rispettosi della leggi," mi ha detto un portavoce del senatore. "Si è reso conto di come l'invadenza di questi programmi di sorveglianza non abbia niente a che fare con la sicurezza nazionale."