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Tecnologia

Come un'attivista diabetica ha creato un pancreas artificiale

Alcuni attivisti stanno hackerando i dispositivi medici per rendere i dati sulla salute accessibili liberamente.

Gli algoritmi sono molto noiosi finché non ne va della tua vita. Le persone affette da diabete di tipo 1 dipendono continuamente dagli algoritmi. Devono costantemente fare calcoli per tenere sotto controllo i livelli di zucchero nel proprio sangue, misurati da un dispositivo con una puntura sul dito o con un sensore sottocutaneo. Se si allontano troppo dai livelli basali, le conseguenze possono essere pesanti.

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Solitamente, quando le persone sono costrette a un compito per cui un computer sarebbe molto più efficiente, come per esempio fare calcoli, si tende ad automatizzarlo. Gli algoritmi di gestione del diabete non fanno eccezione. Qualsiasi programmatore competente che abbia accesso tanto ai dati a lungo termine quanto a quelli in tempo reale sui livelli di glucosio e insulina potrebbe, in linea di principio, creare una app personalizzata o altri strumenti per semplificare la vita delle persone affette dalla malattia.

Ma il problema è proprio questo: questi dati non sono accessibili. È proprio per questo, dunque, che alcuni attivisti per la salute informatizzata come Dana Lewis, diabetica di tipo 1, stanno hackerando i propri dispositivi medici per creare strumenti che le case produttrici non sembrano interessate a sviluppare.

"Molte persone non sembrano capire che questa tecnologia medica è circa dieci anni indietro rispetto a tutte le altre," mi ha raccontato su Skype la Lewis, data anlyst di Seattle. "È davvero frustante non poter accedere ai dati sul proprio corpo raccolti dai dispositivi medici."

Una donna con un dispositivo per il monitoraggio continuo del glucosio. Immagine tratta da Intel Free Press/Flickr.

La prima volta che Lewis, 27 anni, ha messo mano al suo dispositivo per il monitoraggio continuo del glucosio (CGM), un piccolo strumento attaccato al suo corpo che legge il livello di zucchero nel suo sangue ogni cinque minuti, voleva solo renderlo più rumoroso. Il dispositivo, infatti, è progettato per emettere un suono se il livello di glucosio crolla o sale troppo rapidamente e a quel punto lei può intervenire aumentando o diminuendo l'insulina. Lewis, però, si è accorta che di notte l'allarme non era abbastanza forte da svegliarla, con l'ovvia conseguenza di un malessere al risveglio.

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Una volta riuscita, insieme al marito Scott Leibrand, a ottenere i dati dal dispositivo, si è accorta immediatamente di poter fare molto di più che alzare il volume dell'allarme. Così hanno sviluppato un programma e iniziato a immettere informazioni relative a ogni azione compiuta tramite la pompa di insulina—alzare o abbassare i livelli di insulina—in risposta ai dati del CGM.

A partire da questi due dataset, Lewis è riuscita a sviluppare un algoritmo predittivo che simula i calcoli mentali a cui lei e tutti gli altri diabetici di tipo 1 sono costretti continuamente.

In sostanza, ha insegnato alla pompa per l'insulina a leggere il suo CGM e agire di conseguenza. Nel momento in cui il monitor e la pompa lavorano insieme, in modo automatico, diventano in pratica un pancreas artificiale o, come l'ha ribattezzato Lewis, un Artificial Pancreas System (#OpenAPS). Per dirlo con le sue parole, ha "chiuso il cerchio."

"Il diabete è una malattia a pattern"

Lewis paragona il diabete a guidare in autostrada. Molti di noi hanno un pancreas che si occupa di "guidare" al posto nostro—l'organo è responsabile della regolazione dei livelli di insulina, ma nelle persone affette da diabete di tipo 1 non funziona a dovere. Le persone diabetiche, invece, devono "guidare" da sole. Nell'analogia, il CGM sarebbe il tachimetro e la pompa di insulina sarebbe l'acceleratore.

Il sistema #OpenAPS, invece, funge da regolatore automatico della velocità. La persona rimane alla guida, ma questo piccolo dispositivo fai da te rende tutto più facile, spiega Lewis.

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Un pancreas artificiale è un dispositivo rischioso. In caso di malfunzionamento, qualcuno potrebbe prendere una dose scorretta di insulina, un farmaco potenzialmente letale. Lewis risponde che le persone con diabete di tipo 1 sono abituate a correre rischi e possono giudicare da soli se i benefici valgano o meno la candela. Al 17 maggio 2016 già 59 persone hanno adottato il suo sistema.

Anche se non tutti sono pronti a cedere il controllo sulla pompa di insulina a un software fai da te, sono molti quelli che vorrebbero poter mettere le mani sui propri dati, cosa resa impossibile dal fatto che le case produttrici non aprono le proprie API né rendono disponibili i dati per il download. (Per Lewis il problema è che la gran parte di questi dispositivi sarebbero stati costruiti, testati e approvati dal FDA prima che gli utenti cominciassero a chiedere maggior accesso ai propri dati.)

Un test per i livelli di zucchero nel sangue. Immagine tratta da Victor/Flickr.

Si pensi a Nightscout, un programma che carica i dati del GCM nel cloud, perché siano accessibili da ovunque. Nighscout non è in grado di controllare la pompa di insulina, ma grazie a questo strumento i genitori di bambini affetti da diabete di tipo 1 sono in grado di monitorare i dati dei figli ovunque vadano.

Tra i maggiori sostenitori della necessità di maggior accesso ai propri dati c'è Anna McCollister-Slipp, imprenditrice nel campo della salute informatizzata e affetta da diabete di tipo 1. Ogni giorno prende 14 farmaci, presenta molte delle complicazioni associate alla condizione (problemi a reni, nervi e occhi) e deve sempre portare con sé sei dispositivi. Con questi genera una gran quantità di dati.

"Il diabete è una malattia a pattern", mi dice al telefono dalla sua casa di Washington, D.C. "Capire l'impatto dei livelli di glucosio nel sangue è essenziale, così da poter prendere decisioni accurate su come mitigare e trattare questi fattori. Tutto quello che ho cercato di fare, negli ultimi anni, è prendere questi dati e posizionarli su una timeline unificata."

In realtà le case produttrici dei dispositivi permettono di vedere i propri dati sulle loro app proprietarie e sulle loro piattaforme software, ma vedere è molto diverso da accedere. I pazienti potrebbero fare molto di più, potendo lavorare direttamente coi dati. Esempio: il sistema messo in atto da Lewis.

McCollister-Slipp sta contattando le aziende che producono questi dispositivi medici perché aprano le proprie API. "Penso sia incredibilmente poco etico che le aziende scelgano di tenere il flusso di dati inaccessibili, quando sono in gioco la vita e la sicurezza dei pazienti."