Come ‘Minecraft’ sta abbattendo i pregiudizi culturali in Palestina
Immagine: Uri Mishol/Games for Peace

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Come ‘Minecraft’ sta abbattendo i pregiudizi culturali in Palestina

Il progetto Games for Peace usa i videogiochi in multiplayer per abbattere i pregiudizi culturali.

"Rispondiamo alle uccisioni costruendo," ha dichiarato l'ex ministro dell'economia e attuale ministro dell'educazione Naftali Bennett a settembre 2014, in risposta allo sdegno suscitato dall'appropriazione da parte del suo governo di 990 acri di terra palestinese vicino a Gevaot, in Cisgiordania, in seguito alla morte di tre studenti israeliani quella stessa estate. Il 2014 è stato un anno particolarmente lugubre nella storia del conflitto israeliano-palestinese, segnato dalla ripresa delle ostilità nella Striscia di Gaza che ha causato migliaia di morti e ha alimentato l'espansione delle colonie di Israele in quello che, da tempo, è stato definito dall'ONU territorio occupato illegalmente.

Pubblicità

C'è più di un modo per costruire, però. Il 1 gennaio 2014, un gruppo di accademici e imprenditori stanziati a Tel-Aviv ha annunciato Games for Peace (G4P), un'organizzazione no-profit che usa giochi multiplayer online come Minecraft per incoraggiare la comprensione tra gli studenti con diversi background religiosi ed etnici in Medio Oriente. Nato da un'idea di Uri Moshol—ex CEO dell'azienda di software IncrediBuild, e veterano dell'esercito israeliano—G4P è la risposta alla segregazione delle comunità arabe ed ebraiche nei territori della Palestina e in Israele, dove a tanti bambini si insegna ad avere paura delle persone "dall'altra parte" senza averle neanche mai incontrate.

Immagine: Uri Mishol/Games for Peace

Mishol aveva poca dimestichezza coi giochi prima di fondare G4P, ma è da sempre preoccupato per gli effetti che i pregiudizi culturali potrebbero avere sui suoi figli. Il suo interesse nei confronti degli effetti positivi dell'interazione virtuale si è risvegliato guardando i suoi figli giocare ai videogiochi insieme. Nel 2013, Mishol è andato a New York, alla conferenza Games for Change, che promuove i creativi secondo cui i giochi possono essere una forza positiva nella società. "Sono rimasto sconvolto dall'impatto potenziale che i giochi hanno," mi racconta in una chiamata Skype.

"Ho pensato e ripensato a come rendere questa cosa valida anche per la situazione tra israeliani e palestinesi e in Medio Oriente in generale. E una delle idee che ho sottoposto agli esperti di settore è stata quella di lavorare su razzismo e stereotipi utilizzando giochi commerciali, invece di farlo secondo canone, ovvero sviluppando giochi educativi fatti apposta per questi scopi." Questa idea è poi diventata il fondamento dell'iniziativa G4P.

Pubblicità

Lavorare con giochi già diffusi è ovviamente un buon modo per tenere i costi bassi, ma il vantaggio più grande che la cosa offre è che i ragazzini che partecipano sono coinvolti al massimo dal primo istante—Minecraft, dopo tutto, è uno dei giochi più amati della storia, con oltre 70 milioni di copie vendute in tutto il mondo fino a giugno 2015, e gira su diverse piattaforme.

"Per molti bambini questo è il primo contatto positivo con una controparte della stessa età proveniente da un paese che è stato demonizzato dalla società in cui vivono"

Al momento, G4P si divide in due programmi. I fine settimana di "Play 4 Peace" sono sessioni online a tema, a cui i giovani sono invitati tramite la pagina Facebook del gruppo. La maggior parte si è svolta su Minecraft, ma G4P ha anche ospitato sessioni con l'FPS della Valve, Team Fortress 2. I partecipanti possono conversare in lingue diverse grazie al software di traduzione testuale di Google, e l'evento è monitorato, in caso di comportamenti abusivi. Il primo fine settimana di Play for Peace si è svolto il 17 gennaio 2014, e ha visto 50 giocatori da Israele, Palestina, Giordania, Egitto e altri paesi unire le forze per completare un "Villaggio della Pace" nella Creative Mode di Minecraft. Il quinto, tenutosi a luglio 2014, ha chiesto ai partecipanti di allestire un campo da calcio per la Coppa del Mondo.

Anche se le interazioni tra giocatori sono state in linea di massima benigne, qualche scontro c'è stato. "Uno degli incidenti che mi ricordo durante il nostro primo evento di Play for Peace è stato che, durante una sessione, un giocatore anonimo ha iniziato a costruire svastiche per tutto il mondo." mi racconta Mishol. "C'è voluto un po' per scoprirlo, ma la cosa interessante è quello che è successo dopo—il resto dei giocatori, di tutte le nazionalità, ha lavorato insieme per pulire il mondo dalle svastiche."

Pubblicità

La premessa e l'ambiente rilassato e gioioso di Minecraft incoraggiano senza dubbio l'amicizia; un contesto di competizione sanguinosa come quello offerto da Team Fortress 2 è un altro discorso. "Avevamo qualche dubbio sull'usare TF2, perché non è esattamente un gioco pacifico!" confessa Mishol. "Ci sono due team da sei giocatori l'uno, che tentano di ammazzarsi. È un dibattito eterno, quanto possa essere costruttivo l'uso della violenza [nell'arte], ma crediamo che, in certe situazioni, possa davvero esserlo." Come per Minecraft, anche le sessioni di G4P su Team Fortress sono strettamente supervisionate.

G4P spera semplicemente che il fatto di giocare insieme, conoscersi l'un l'altro lavorando a un progetto comune, possa col tempo disinnescare qualsiasi preconcetto abbiano i bambini nei confronti delle altre culture—corazzarli giorno dopo giorno contro gli stereotipi. "Per molti bambini questo è il primo contatto positivo con una controparte della stessa età proveniente da un paese che è stato demonizzato dalla società in cui vivono o dai media," spiega Mishol. "Si divertono con qualcuno dall'altra parte. Condividono un'esperienza."

Immagine: Uri Mishol/Games for Peace

L'altro progetto di G4P è Play2Talk, un'idea che unisce bambini provenienti da due scuole selezionate e li fa partecipare ad una sessione settimanale di Minecraft. "Non si tratta di una scuola contro l'altra," spiega Mishol. "I bambini vengono divisi in squadre, e ogni squadra contiene bambini provenienti da scuole diverse. Affrontano una serie di sfide, e ognuna di esse coinvolge gli studenti di modo che abbiano sempre più bisogno di cooperare e di affidarsi ai compagni di squadra."

Pubblicità

Attività base come la costruzioni di una casa lasciano in fretta spazio a compiti più complicati, come la progettazione di edifici famosi. "Durante questa fase i due team diventano sempre più coscienti dei rispettivi compagni di squadra (nella realtà): gli studenti cominciano a scambiarsi informazioni personali, si mandano foto, cominciano a immaginare chi ci sia dietro gli avatar presenti nel gioco. È qualcosa che hanno cominciato a fare i nostri studenti—ne sentivano il bisogno—e ora è parte del programma."

Una volta completato il compito finale, i bambini vengono invitati a incontrarsi faccia a faccia. "Di solito lo facciamo in un parco pubblico, o in qualche posto del genere, ma di tanto in tanto organizziamo visite direttamente presso le scuole," mi spiega Mishol. "Si vedono dal vivo per la prima volta, e spesso la loro reazione è sorprendente. Finalmente scoprono che quel maschio guerriero con cui ammazzavi zombie nel gioco, in realtà è una ragazza!"

Immagine: Uri Mishol/Games for Peace

Gli organizzatori di G4P stanno ancora raccogliendo dati sull'effetto a lungo termine di questo tipo di incontri, ma i questionari pre e post-programma a cui gli studenti sono stati sottoposti hanno restituito risultati "promettenti," mi dice Mishol. "Notiamo sospetto da entrambe le parti. [Ma] a ciò si accompagna sempre la curiosità che il gioco produce, e le dinamiche del gioco stesso. La classi ebree sanno che dall'altra parte del monitor ci sono dei giocatori palestinesi, e questa consapevolezza genera un certo tipo di emozioni, e ciò succede anche nell'altro senso—spesso, però, aiutarsi a vicenda per superare degli ostacoli o per vincere delle gare è una pratica più potente dei preconcetti che gli uni hanno degli altri. Quando si incontrano dal vivo—abbiamo rilevato risultati di diverso tipo, ovvero che l'esperienza dell'altra persona su un piano virtuale ha reso lo svilupparsi di un legame molto più semplice."

Il dato più incoraggiante è che molti dei bambini hanno continuato a mantenere i rapporti con gli altri anche dopo la fine del programma, in particolare aggiungendosi sui rispettivi social media. È un piccolo gesto, ma Mishol è convinto che possa avere effetti a lungo termine. "Il solo avere delgi aggiornamenti nel proprio newsfeed provenienti da bambini delle altre scuole dopo la fine del programma produce effetti positivi," sottolinea. "E in uno o due casi, abbiamo visto scuole mantenere questo tipo di legami organizzando incontro annuali programmati."

Il team di Games for Peace ha presentato il proprio lavoro presso numerose conferenze umanitarie in giro per il mondo, incluso il Peace Build and Games for Change. Ha anche collaborato con alcune organizzazioni di altre regioni, organizzando sessioni di Minecraft nel Caucaso con l'auto dell'organizzazione umanitaria Elva, per tentare di alleviare le tensioni tra i giovani georgiani e abcasiani, sviluppate dopo i massacri della guerra russo-georgiana nel 2008. Mishol spera di poter continuare a lavorare fuori da Israele—anche in paesi relativamente pacifici come il Regno Unito, dove l'islamofobia è in crescita a seguito degli attacchi di Parigi del 13 novembre.

"È stato incredibile per noi scoprire quanto simili fossero le condizioni [di partenza in Georgia], e quanto universale sia il concetto che stiamo cercando di implementare," osserva. "Questo perché i bambini, sia da una parte che dall'altra, hanno immediatamente creato una connessione tra di loro attraverso i giochi, e abbiamo scoperto che l'esitazione che si sviluppa poco prima di parlare con il cosiddetto "nemico" per molti versi sparisce quando il legame si stabilisce attraverso il gioco. C'è un bambino dentro ognuno di noi, ed è su quel bambino che noi stiamo lavorando."