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Tecnologia

Questo miliardario della Silicon Valley vuole regalarci dei corpi robotici

Abbiamo incontrato Scott Hassan, il pioniere della robotica moderna.

"Qui" è una parola strana. Almeno secondo Scott Hassan, un miliardario di Silicon Valley poco amante dei riflettori. Hassan è partito dall'idea di costruire il primo umanoide robotico completamente autonomo ed è finito con quello che potremmo definire uno schermo piatto montato su due gambe con le ruote in fondo. Se il progetto di Hassan avrà successo, questo dispositivo apparentemente banale—chiamato Beam—potrebbe chiudere il cerchio tra il cyberspazio e la realtà fisica.

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Beam è stato progettato come strumento per le videoconferenze, perché permette una comunicazione istantanea e faccia a faccia—un po' come FaceTime o Skype, con la differenza che puoi guidare lo schermo in giro per una stanza da remoto, con una tastiera. Potrebbe però essere destinato a molto di più. Le persone disabili avrebbero accesso a un corpo rudimentale con cui andare dove altrimenti non potrebbero. (Edward Snowden ne ha usato uno nelle sue ultime comparizioni in pubblico.) Con il proliferare dei Beam, potremmo andare a trovare le nostre famiglie in giro per il paese, o passare un pomeriggio a Parigi o Hong Kong. Secondo alcuni, i Beam potrebbero prima o poi essere muniti anche di braccia, cosa che li renderebbe più simili a corpi umani. Hassan non ha confermato queste voci, ma non le ha neanche smentite.

In un futuro in cui possiamo collegarci via internet a corpi robotici in giro per il mondo, "qui" non sarà più "qui," sostiene Hassan. Sarà ovunque.

Beam, realizzato da Suitable Technologies. Immagine: Intel Free Press/Flickr

Di recente, mentre facevo visita alla mia famiglia ad Halifax, mi sono collegato via Beam all'ufficio di Hassan a Palo Alto, dove Suitable Technologies Inc., la compagnia che realizza i Beam, ha sede. Era lì ad aspettarmi, lo sguardo piantato nella videocamera che stavo manipolando. Hassan è sempre in guardia e attento e dà l'idea di essere un genio caffeinomane: generoso nelle idee, ma anche esigente con chi lo ascolta. Concede raramente interviste, benché sia una delle figure più importanti nel settore della robotica moderna.

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Hassan è stato uno dei primi investitori di Google e a lui si deve in parte il codice originale del motore di ricerca. Nel 2006, dopo una serie di altri successi nel settore della tecnologia d'avanguardia, ha deciso di investire in un laboratorio di ricerca in robotica tutto suo, il Willow Garage.

Il team che lavora con lui ha creato PR2, l'iconico robot umanoide che è diventato una delle piattaforme di ricerca più importanti per l'intelligenza artificiale. Per esempio, PR2 ha fatto parlare di sé l'anno scorso perché ha imparato a cucinare i pancake leggendo una ricetta da internet.

PR2 è anche noto per saper preparare il latte macchiato, giocare a biliardo e portare birra, fare il bucato (o quasi), giocare con i Lego e pulire gli escrementi di cane. Niente male.

Potersi connettere a un robot come PR2 sarebbe una cosa allucinante

Nonostante tutte queste caratteristiche, Hassan non ripone più tutta la sua fiducia nei robot autonomi: sono costosi da costruire e per quanto le IA ora riescano a battere gli esseri umani a Go, non sono ancora intelligenti quanto le persone. "I computer sono favolosi, ma non sono niente confronto al cervello umano," mi ha detto.

Creare un robot che risponda rapidamente e in modo accurato a istruzioni vocali e compia azioni semplici è un'impresa davvero difficile. Mi ha spiegato la cosa con un esempio pratico, chiedendomi di spostare un cestino dell'immondizia sotto una sedia con il mio Beam, cosa che sono riuscito a fare semplicemente andandoci a sbattere contro. "Ci vogliono centinaia e centinaia di dottorandi in informatica, ingegneria elettrica e meccanica per costruire un sistema che riesca a fare questa cosa," mi ha detto.

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"Ci sono miliardi di persone al mondo, perché non ottenere lo stesso risultato usando loro come intelligenza della macchina," mi ha chiesto, invece che un sistema artificiale?

È facile immaginare dispositivi simili a Beam muniti di qualche appendice e sensore in più di una telecamera e un paio di ruote; permetterebbero ai lavoratori di compiere azioni più elaborate del semplice pattinare in giro e parlare. Potersi connettere a un robot come PR2, per esempio, sarebbe una cosa allucinante.

Il robot PR2. Immagine: Jiuguang Wang/Flickr

Al momento, le possibilità offerte da Beam sono ancora rudimentali, tipo muoversi per uno spazio piatto e privo di ostacoli complessi. L'applicazione più ovvia al momento è il tele-lavoro: il personale che lavora al negozio di Beam a Palo Alto va in giro su Beam. Gli agenti immobiliari portano le persone a visitare le case, i dirigenti d'azienda vanno a vedere le fabbriche, le persone vanno alle conferenze, tutto via Beam, stando a quanto riportato sul Time.

Per le persone disabili, avere accesso a un Beam potrebbe rappresentare una vera rivoluzione. Henry Evans, ingegnere tetraplegico e oratore, usa Beam come dispositivo ausiliare, per andare dove altrimenti non potrebbe. Hassan spera che prima o poi in America venga fatta una legge che renda Beam obbligatorio nei palazzi governativi, un po' come le rampe per le sedie a rotelle.

Un altro obiettivo è il teleturismo. "Vogliamo metterne in tutti i luoghi incredibili del pianeta e permettere alle persone di connettersi e visitarli," mi ha detto. Immaginate di attivare un Beam alle piramidi, a Machu Picchu, o al Taj Mahal, direttamente dalla vostra stanza.

Hassan non crede, però, che la realizzazione di questo progetto porterebbe le persone a smettere di viaggiare fisicamente. La verità è che, a prescindere da quanto possa diventare efficiente, il servizio che Beam offre non sarà mai come fare esperienza diretta di qualcosa.

Un giorno, può darsi che potremo visitare via Beam anche una stazione spaziale, in orbita intorno alla Terra. Se "qui" significa ovunque, perché non lassù?