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Tecnologia

Siamo tutti razzisti—questo test ci dice quanto

La vera domanda non è se sei razzista, ma quanto.

"Non sono razzista, ma…" Una frase che inizia così, spesso finisce per dire il contrario. Quindi anche persone che non parlano apertamente di ostilità verso individui di provenienza diversa o che non pensano davvero che le persone con un determinato colore della pelle abbiano meno valore, spesso hanno dei pensieri razzisti, anche se inconsci. Nonostante ciò, la maggior parte di noi non ammetterebbe mai di discriminare qualcuno per il colore della pelle o per l'origine—per fortuna c'è un metodo comprovato con cui è possibile testare la propria tendenza al razzismo.

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Visto che si tratta del risultato di molti milioni di test psicologici scientificamente riconosciuti, la domanda non è se sei razzista, ma quanto.

Lo IAT o test d'assocazione implicita è stato sviluppato per elaborare i nostri pensieri impliciti, che sono così nascosti che nemmeno sappiamo di averli. Ovviamente, ognuno vede se stesso come una persona corretta, razionale, tollerante e di mente aperta—ma le reazioni neurali in sottofondo sono incontrollabili per definizione, mettono a nudo le preferenze del tuo cervello per una categoria sociale o l'altra.

Per far emergere queste parti inconsce, intorno al 1998 due studiosi statunitensi hanno elaborato una tecnica. I risultati del "Racial Association Test" sono scioccanti: il 51 percento di tutti i partecipanti hanno dimostrato una "preferenza fortemente automatizzata" per i visi bianchi ed europei rispetto a quelli di colore. L'IAT è perciò uno degli strumenti prediletti della psicologia sociale, anche perché lo si può svolgere premendo due tasti della tastiera in pochi minuti. Bisogna solo stare attenti a una cosa: portarlo a compimento nel minor tempo possibile.

Sul sito del progetto, i ricercatori spiegano che avere dei pregiudizi inconsci non è la stessa cosa che avere pregiudizi consapevoli o sostenere volutamente le discriminazioni di tipo razzista.

Certo, questa non è una consolazione: la ricerca psicologica continua a dubitare sul fatto che i poliziotti che sparano alle persone disarmate come per esempio gli afroamericani non lo fanno per un razzismo consapevole ma per dei meccanismi di categorizzazione inconsci che fanno apparire queste persone come pericolose.

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Anche se non vuoi esplicitamente, tali pregiudizi possono emergere quando meno te l'aspetti per una serie di preziosi meccanismi evolutivi, che ci fanno percepire immediatamente il pericolo come avviene negli animali. Solo, il fatto che la cosa riguardi il colore della pelle o la provenienza rende il razzismo inconsapevole ancora più pericoloso.

Se certi pensieri sono onnipresenti, come arrivano al cervello? Da un lato è il nostro cervello stesso a essere colpevole, perché cerca continuamente di classificare il mondo in categorie e gruppi. Quanto siano estese o ristrette queste categorie—e quanto spesso si dia importanza all'apparenza di una persona—dipende dagli stereotipi culturali, con cui ci confrontiamo tutti i giorni. Se li incoraggiamo e diamo loro importanza, rafforziamo anche le nostre implicite associazioni di stampo razzista.

Puoi trovare il test IAT sul sito di Understanding Prejudice—una collaborazione tra i ricercatori di Harvard, i ricercatori dell'università della Virginia e dell'università di Washington. Il test funziona così: devi smistare i volti di afroamericani e bianchi in una parte dello schermo e poi classificare parole come "sciagura" "pericolo" oppure "amore" in un senso positivo o negativo.

Cosa ha a che fare questo con il pregiudizio? "È un po' come andare in bicicletta in discesa," ha spiegato David Amodio, un neuroscienziato newyorkese, a un giornalista del magazine Mother Jones "e prendere sempre più velocità". La maggior parte delle persone, nel corso del test, classifica le parole negative in maniera sempre più veloce e puntuale, se poco prima ha visto l'immagine di ua persona di colore; e la cosa funziona anche al contrario: se una parola postiva capita dopo l'immagine di un bianco, i partecipanti al test la classificano più velocemente. Una decisione presa in qualche millisecondo.

Il test, ovviamente, non è esente da critiche e dalla sua elaborazione è stato fatto da più di 40 milioni di persone, è stato anche oggetto di studi scientifici. Alcuni pensano che sia da contestare perché le reazioni automatiche possono essere semplicemente eliminate se ci si sforza di riflettere un po' su come posizionae immagini e parole. Altri criticano il fatto che le persone di colore ritratte siano meno attraenti delle altre.

Infine, bisogna riconoscere che questo test è stato applicato come procedura in 18 anni di ricerca nel campo della psicologia sociale, anche per monitorare i pregiudizi sessisti (sì, forse sei anche un pochino omofobo).Che si tratti di classificare nomi arabi o una preferenza per le persone magre piuttosto che per quelle grasse, si tratta pur sempre di meccaniche che riguardano la differenza tra opinione e azione. Se vuoi capire qualcosa in più sul tuo inconscio, serviti pure.

Inoltre, questo test non serve solo per la consapevolezza di sé—può essere anche utile al prossimo. Nella misura in cui sei cosciente dei tuoi pregiudizi razzisti, puoi anche fare qualcosa per impedire loro di influenzare il tou modo di vedere il mondo.