Le colonie di Facebook
​Immagine: yaph/Flickr

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Tecnologia

Le colonie di Facebook

Fedele ai principi del colonialismo, Facebook si sta focalizzando sui mercati disconnessi. Come trasformerà internet?

Che Internet sia lo strumento più potente creato dall'umanità è un concetto ormai superato. Sono sicuro di poter trovare la stessa cosa scritta in un numero qualsiasi di Wired del 1995. E in questi ultimi vent'anni questa idea si è affiancata a un semplice imperativo: dobbiamo aumentare gli accessi, chiudere il digital divide, affinché intere popolazioni—che sono già in situazioni svantaggiate—non rimangano indietro.

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Facebook poco tempo fa ha pubblicato un lungo report sull'accesso a Internet globale, come parte della campagna Internet.org della compagnia, che ha l'obiettivo di portare Internet in nuovi mercati, con la partnership di sette compagnie di telefonia mobile. Facebook afferma che 1 miliardo e 39 milioni di persone usavano il loro prodotto nel dicembre 2014, ed è naturale che la compagnia tenti di radunare gli altri quattro quinti del pianeta.

Ma a parte gli ideali e la crescita dei mercati, il report sottolinea la tensione esistente all'interno della questione dell'accesso: quando Facebook decide di salpare verso mercati non connessi, che versione dell'internet porterà?

È difficile controbattere il fatto che l'accesso alla rete, nella forma pura, aperta e democratica proposta e sostenuta ancora da gruppi come la World Wide Web Foundation, potrebbe non essere una forza positiva.

Abbiamo visto prove di questo fatto in molti modi, ma i cyberattacchi senza precedenti ai danni manifestanti di Hong Kong spicca su tutti. Questo tipo di sforzo non sarebbe valso la pena se l'internet non avesse l'incredibile abilità di livellare il campo di gioco tra i giganti e i singoli.

Negli ultimi dieci anni circa abbiamo visto un'incredibile crescita—in termini di denaro, potere e delle varie intersezioni di essi—dell'industria dell'internet, che è solidamente centrata in Occidente. Fornendo non solo il suo prodotto ma anche l'accesso—che in questo caso sono intrinsecamente collegati—l'espansione globale di Facebook porterà una versione dell'internet modellata su di esso, producendo colonie nei mercati locali costruite su immagine di Facebook. Da questo punto di vista alcune parti del report di Facebook, secondo Carmel DeAmicis, suonano "super imperialiste."

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L'espansione globale di Facebook è alimentata da una combinazione di crescita e sostegno

Nei suoi report Facebook si fa sostenitore della chiusura del digital divide il più velocemente possibile, il che è un'ottima cosa. Ma quando Facebook sostiene che "man mano che l'uso di Internet continua a espandersi, questo esercita un effetto potente sull'economia globale, soprattutto nel mondo in via di sviluppo," sta sostenendo che qualsiasi miglioramento per quanto riguarda l'accesso a Internet è intrinsecamente buono, il che non è necessariamente vero.

Facebook è una compagnia iniziata da una grande idea, che ha continuato a funzionare brillantemente per più di dieci anni grazie persone molto intelligenti, ed è ora una delle compagnie più di successo che si siano mai viste nel mondo. Ma in termini di accesso, Facebook (e Google e qualsiasi altro titano dell'internet) è nato in un settore tecnologico che ormai ha decenni di esperienza, e che Facebook vuole portare anche nell'internet.

E non va dimenticato che, in questi decenni, questi giganti sono stati un'incredibile forza che ha modellato Internet a propria immagine. Vorreste tornare indietro a un Internet senza Google Search, senza Gmail e Google Scholar? Io sicuramente no.

Facebook, un prodotto dell'internet ben assodato e basato negli Stati Uniti, porterà una versione di questo Internet con sé oltreoceano

Ma va considerato questo fenomeno anche da prospettive come quella della presidente del Brasile Dilma Rouseff, quando minacciava di tagliare fuori il Brasile dall'internet guidato dagli Stati Uniti per costruire un Internet indipendente. Le operazioni di spionaggio della NSA sono state uno dei motivi di di questa reazione, ma c'era anche un motivo più semplice, ovvero che, dovendo lavorare con i giocatori già in campo, la scena fiorente delle startup brasiliane sarebbe stata a lungo costretta a dipendere dalle corporazioni americane per avere successo, oppure accettare di arrivare sempre dopo di esse.

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Facebook scrive:

Un mondo più connesso è un mondo dove ci sono più opportunità, c'è più libertà di espressione e maggiore innovazione. Eliminando le barriere alla pubblicazione e alla disseminazione di informazioni e conoscenze, l'internet aumenta le opportunità per tutti.

L'internet non è il garante del progresso economico, ma ne è un supporto.

E questo è vero. E lo dimostra il Myanmar, il perfetto esempio di un'economia in via di sviluppo: il CIA World Factbook ha sostenuto che il PIL del paese è il settantunesimo al mondo, ma scende al 201esimo posto quando viene calcolato pro capite. Ma il reale tasso di crescita del PIL del Myanmar è ventiseiesimo nel mondo, soprattutto grazie alle riforme economiche attuate dal nuovo governo a partire dal 2011.

E come ogni paese in crescita, il Myanmar ha la sua economia fiorente di app. Il problema, tuttavia, è che il mercato per le app in Myanmar è molto ristretto. Il report di Facebook evidenzia che il paese, assieme all'Etiopia, ha un tasso di connettività sotto il 2 percento, forse il più basso al mondo.

Quindi è chiaro che per i brillanti creatori di app del Myanmar, l'aumento dell'accesso a Internet nel paese farà aumentare le possibilità di guadagno.

Ma guardiamo le cose dal punto di vista della Rouseff, prospettiva che i leader di tutti i paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) hanno condiviso a un certo punto. Facebook e le sue montagne di soldi regnano incontrastati. Riuscirebbe una startup di social media o un network ad affrontare Facebook nel campo di battaglia dei social media?

Nel suo report, Facebook sostiene il punto piuttosto saggio che il digital divide sia un problema su due fronti. Il primo è quello tradizionale dell'accesso: le persone vanno connesse fisicamente a Internet, con infrastrutture e dispositivi personali.

Il secondo fronte viene meno discusso: Internet è inutile se non è adatto una popolazione locale. "Se si guarda al problema della pertinenza," scrive Facebook, "bisogna considerare che le persone avranno bisogno di contenuti e servizi nella propria lingua in una grande varietà di categorie."

Facebook è consapevole del fatto che i contenuti della rete, e non soltanto i cavi che la permettono, vadano collegati ai mercati locali. E Facebook, con i suoi contenuti sempre più ampi, è in grado di fornire questo servizio. Consegnando un pacchetto completo, Facebook darà la forma all'internet dei vari paesi, e quindi, secondo la logica di Facebook, alle loro economie.

Facebook, prodotto dell'establishment, dell'internet di matrice statunitense, consapevolmente o no poterà una versione di questo Internet con sé oltreoceano, una versione diversa dall'internet usato in Cina, o da quella visione originale del web di Tim Berners-Lee, o da qualsiasi altra iterazione. Grazie alle differenze nell'accesso, nella politica e nella cultura, l'internet è una pluralità, che rende impossibile a compagnie come Facebook far sì che i propri interessi e il contesto che ha aiutato la sua ascesa sia una ricetta per il successo in tutti i paesi. Come ha affermato Leo Mirani di Quartz, "milioni di utenti di Facebook non hanno idea di stare utilizzando Internet." E cosa accadrà con il prossimo miliardo di persone?