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Tecnologia

Facebook ascolta davvero le nostre conversazioni?

Il social network continua a negare di usare i microfoni dei nostri device per spiarci, ma la sensazione è proprio quella.

Qualche tempo fa ho incrociato un video su Facebook—non ricordo esattamente il contenuto, so solo che era molto triste. A un certo punto mi sono sentita sopraffare dalle emozioni e, appoggiata la testa al letto con il mio computer ancora vicino, mi sono concessa un pianto di circa sessanta secondi.

Quando ho alzato la testa, ho visto qualcosa di nuovo in cima alla mia timeline: una pubblicità del cazzo, come il resto delle migliaia di pubblicità che si accumulano una sull'altra da quando utilizzo i social, come una sorta di rumore di fondo. La sua comparsa non era, però, la parte inquietante: a preoccuparmi era il fatto che fosse un ad per "servizi di assistenza psicologica online," o roba simile.

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Possibile che Facebook mi avesse sentita piangere? No, ha risposto Facebook chiaramente, eppure sembrava proprio di sì, e forse è per questo che certe voci di corridoio non smettono di girare.

Non si tratta di una teoria cospirazionista particolarmente folle, badate bene. Due anni fa, Facebook ha iniziato a fare esperimenti usando i microfoni interni al vostro telefono e ai vostri computer, per riconoscere e imparare a prevedere che cosa ascoltassero o guardassero le persone mentre aggiornavano il proprio status sul social network. Ad esempio, se state ascoltando un artista o guardando un film, anziché lasciarvi digitare un post su chi state ascoltando o su cosa state guardando, Facebook "ascolterebbe" e identificherebbe la fonte sonora da solo e provvederebbe allo status al posto vostro. Quando questa caratteristica è stata lanciata nel 2014, Facebook ha promesso che sarebbe stata "assolutamente facoltativa," che non avrebbe registrato né conservato le tracce audio ascoltate, incluse le conversazioni personali, e che la sua funzione principale sarebbe stata solo quella di usare i vostri dati audio per prendere nota di corrispondenze popolari.

Immagine: Shutterstock.

Questo aggiornamento ha visto reazioni particolarmente aggressive—una petizione online che lo osteggiava ha raccolto più di 500.000 firme, stando ai rapporti, costringendo Facebook a fare un passo indietro e dare spiegazioni. Ma "fare un passo indietro e dare spiegazioni" è procedura standard per le app e i social network che fanno un passo più lungo della gamba. È successa la stessa cosa all'operazione pro-social e anti-sommossa Pokémon Go, che a quanto pare non aveva pensato minimamente all'ipotesi che le persone non avrebbero gradito dare pieno accesso ai propri account Google al caro Pikachu, e ha poi dovuto fare ammenda, a danno fatto. Accidenti, veniamo da Silicon Valley e abbiamo ricevuto un'educazione di tutto rispetto e tiriamo su milioni a palate, ma—caspita!—questa cosa della "preoccupazione per la privacy" che spunta fuori ogni dannata volta che lanciamo un prodotto è proprio difficile da capire!

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Alla fine, Facebook ha negato esplicitamente di aver mai spiato i suoi utenti tramite i microfoni per propinarci pubblicità prsonalizzate. Ma ci sono voluti due anni dopo le prime reazioni perché arrivasse questa dichiarazione, e, onestamente, mi sembra un po' tantino. Ci sono ancora diversi "se" preoccupanti nella dichiarazione ufficiale del colosso tech, tutti posti dopo la frase "accediamo al microfono dell'utente solo se." Magari in mezzo a tutti questi "se," Facebook spia dai microfoni non tanto per le pubblicità, ma per altre ragioni. Io non mi fido e basta.

La verità è là fuori, sostiene Kelli Burns, professoressa della University of South Florida, secondo cui, per quanto Facebook dica di ascoltare solo certe cose e per certe ragioni, sembra invece che il social network si adatti in base a quello di cui discutiamo quando siamo a portata del suo orecchio. Anzi, sembra che tantissime persone abbiano un qualche aneddoto da raccontare a tal proposito, esperienze inquietanti—ho sondato il terreno con un tweet e mi sono arrivate tonnellate di risposte che raccontavano sospetti simili ai miei. Un utente racconta che stava parlando con un membro della sua famiglia al telefono a proposito del cancro diagnosticato ad un altro parente, per poi trovare pubblicità di centri medici specializzati subito dopo. Un altro si è visto comparire un coupon per un ristorante di cui stava parlando con i suoi colleghi di lavoro.

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Forse non voglio affrontare il fatto che rientro in un target demografico perfettamente prevedibile. Che sono facile da interpretare.

Per quanto non mi fidi di Facebook comunque, questa cosa degli ascolti probabilmente non è reale. Il muscolo tecnico richiesto per raccogliere in continuazione tutti i rumori e farli passare attraverso i sistemi di riconoscimento vocale non è praticabile. Con tutti i metadati di cui dispone già per propinarci le pubblicità—un sistema che funziona—perché mai Facebook o Google avrebbero bisogno di impiegare energia di tale scala solo per ascoltarci parlare?

Inoltre, ci sono numerose altre spiegazioni logiche per queste esperienze. Potrebbe darsi che nel momento in cui decidiamo di parlare di qualcosa con qualcuno, abbiamo preventivamente già fatto una ricerca su Google o abbiamo chattato con qualcuno sullo stesso argomento o uno simile, di recente—e quelle conversazioni dentro la piattaforma sono effettivamente usate per suggerire gli ad. C'è anche la cosiddetta "Illusione di frequenza," o fenomeno di Baader-Meinhof, definito nel 2006 come il principio per cui qualcosa di cui abbiamo sentito parlare di recente all'improvviso ci sembra essere ovunque. Quando ci accade qualcosa di nuovo, inconsciamente iniziamo a cercare segni di quel qualcosa nel mondo che ci circonda.

Immagine: Shutterstock.

Forse ho iniziato a sospettare che Facebook mi stesse spiando, e quindi ora vedo correlazioni tra le pubblicità sui miei profili e le mie conversazioni ovunque. Forse mi sento un'idiota perché ci sono cascata—sono un'adulta e ho comprato un vestito di Pikachu!—così ora sento di credere che la fregatura sia globale e incontenibile. Forse. Forse non voglio affrontare il fatto che rientro in un target demografico perfettamente prevedibile. Che sono facile da interpretare.

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Questa rubrica che scrivo, cerca di cogliere i momenti di magia, i fantasmi, e la pura fede nello spazio tecnologico. Ma come dicono da Haunted Machines, qualsiasi sistema che non comprendiamo completamente è fondamentalmente "magico," o divino, o spiritato—è così che funziona la mente umana. Mi sono fatta un'ipotesi sul come facciano Google o Facebook ad ascoltarci e seguirci, ma non so esattamente i dettagli tecnici, o dove abbia inizio e dove finisca la cosa. Per testare la mia teoria una volta per tutte, ho deciso di ripetere la parola "motocicletta" dentro al microfono del mio computer e del mio telefono per tutto il giorno. Ho chiamato il mio compagno mentre lui si trovava di fianco a me per discutere in modo del tutto artificioso di "motociclette" al telefono. Ho aperto uno status e mi sono messa ripetere "motociclette" a bassa voce, come una preghiera senza senso. Ho aperto YouTube su un'altra scheda e ho mormorato "motociclette" anche lì e ho scritto e cancellato "motociclette" nella barra di ricerca.

Eppure, anche i miei colleghi più esperti, gli stessi che hanno liquidato la mia paranoia senza tanti giri di parole, ammettono tutti di spegnere il microfono e mettere del nastro adesivo sulla videocamera "giusto per sicurezza."

Non me ne frega niente di motociclette, quindi qualsiasi segno di pubblicità relativa a questo argomento sulla mia pagina sarebbe la prova nove della mia teoria. Per ora, niente. Magari sa che sto cercando di sgamarlo. Forse sa abbastanza di me da sapere che non posso permettermi una motocicletta e che la mia patente è scaduta. Chi può dirlo? Senza fatti, è solo una credenza—una teoria cospirazionista da veri paranoici.

E come tutti i sistemi di credo, magari è sorto in me come risposta inconscia a un bisogno di credere che ci sia una forza superiore che orchestra ogni cosa, una mappa definitiva attraverso la grande notte stellata che questi conglomerati tecnologici hanno steso sopra di me e la mia vita mentre io guardavo altrove.

Eppure, anche i miei colleghi più esperti, gli stessi che hanno liquidato la mia paranoia senza tanti giri di parole, ammettono tutti di spegnere il microfono e mettere del nastro adesivo sulla videocamera "giusto per sicurezza." Molti siti offrono istruzioni su come spegnere i permessi di accesso ai microfoni sui vostri telefoni, dunque la mia ansia deve essere una cosa piuttosto comune. Magari sappiamo che certe cose sono improbabili, ma questo non le rende impossibili in assoluto. Mark Zucherberg stesso sigilla la sua videocamera e il microfono con il nastro adesivo. Lui, meglio di noi tutti, saprà che cosa può succedere davvero.