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Tecnologia

Ho controllato i Google Glass con la forza della mente

Ovvero ho scattato foto e le ho pubblicate sui social senza muovere un dito.
Victoria indossa MindRDR

Le interfacce neurali sono in giro da un po', anche nel mercato mainstream, ma non hanno esattamente mantenuto le loro promesse fantascientifiche. Ci sono le cuffie che ti permettono di tracciare l'attività cerebrale e di giocare, ma il vero fascino della tecnologia controllata dalla mente è la promessa di comunicare con i propri dispostivi senza nessun collegamento, attraverso una sorta di telecinesi.

Questo è ciò che fa MindRDR una nuova app che usa i Google Glass e delle cuffie EEG NeuroSky per creare un'interfaccia che si controlla con la mente. Basta concentrarsi per pochi secondi e puoi scattare una foto con il pensiero.

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Certo, ha un'applicazione limitata, ma è stata realizzata in maniera molto semplice. Ho provato il dispositivo all'ufficio di This Place, la compagnia con base a Shoreditch che ha progettato il dispositivo. Ho indossato i Google Glass e le cuffie EEG e ho iniziato a concentrarmi, ripetendo le tabelline a mente. Quando il mio cervello ha iniziato a lavorare ho visto tracciarsi una linea sullo schermo dei Google Glass. Quando la linea si è completata—con un processo che è durato solo pochi secondi—il dispositivo ha scattato una foto del direttore di This Place, Ben Aldred.

Av. Meditation: 42 Av. Attention: 47 #throughmind #throughglass http://t.co/nUJNALZtZZ pic.twitter.com/AbadJsQMvj

— MindRDR (@mind_rdr) July 9, 2014

Mi sono concentrata di nuovo per qualche secondo, e il dispositivo ha mandato la foto a Twitter, con alcune frasi sulla mia abilità di concentrazione (pare che io sia brava a rilassarmi quanto lo sono a concentrarmi).

Questo semplice compito è un esempio di cosa potrebbe essere capace di fare un'interfaccia mentale, mi ha spiegato Chloe Kirton, il direttore creativo della compagnia. “Qui si parla di usare la mente e provare a sviluppare un'interfaccia in un cui tu debba pensare piuttosto che usare le dita,” ha affermato.

L'idea di questa interfaccia è stata ispirata dalle limitazioni di Google Glass, un dispositivo che in ogni caso lei ritiene sia “fantastico.” “Uno dei limiti che abbiamo notato è che c'è bisogno di avere una grande destrezza nei movimenti per essere effettivamente in grado di usare i Google Glass,” ha detto. “Certo, ha il controllo vocale, ma ci sono volte in cui non funziona e bisogna usare la propria mano per navigare, il che significa ovviamente che devi muovere tutto il braccio.”

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Per quanto Minority Report vi abbia fatto credere il contrario, muovere il braccio in continuazione è piuttosto faticoso, senza contare che è un compito difficile per le persone con limitate abilità motorie. Ed è qui che interviene l'idea del controllo mentale. MindRDR è fondamentalmente un'app per i Google Glass che trasforma in una determinata scala i dati EEG ottenuti dalle cuffie NeuroSky (comunicanti via Bluetooth). Raggiunto un certo valore, i Google Glass scattano una foto.

Non è neanche necessario che i due dispositivi siano indossati dalla stessa persona. Aldred ha indossato i Google Glass mentre io ho tenuto il NeuroSky, in modo che i miei pensieri facessero scattare una foto di me stessa attraverso i suoi Google Glass. Non sono sicura di quali applicazioni pratiche ci possano essere, ma credo che sarebbe divertente fare finta di hackerare via telecinesi i dispositivi dei tuoi amici.

Av. Meditation: 52 Av. Attention: 58 #throughmind #throughglass http://t.co/FfU3sO95mE pic.twitter.com/Kj929MgEKU

— MindRDR (@mind_rdr) July 9, 2014

Certo, non basta pensare semplicemente “fai una foto”—bisogna sforzarsi un po'. Kirton ha affermato che con la pratica diventa più facile, ma usare il dispositivo mentre si sta parlando o con gli occhi chiusi è molto difficile. Il ragazzo che ha provato il dispositivo prima di me, e che sembrava abbastanza in ansia, ha avuto il problema opposto; era agitato e ha accidentalmente scattato una foto senza volerlo.

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E ci sono anche altri inconvenienti: uno su tutti è la scomodità—e la sgradevolezza estetica—di indossare due interfacce allo stesso tempo. Fortunatamente la parte più sgraziata dei Google Glass si trova dal lato opposto rispetto alla protuberanza di NeuroSky, e con qualche maneggio si riesce a posizionare entrambe dietro le orecchie. Ma non credo proprio che andrei in giro così.

Poi ci sono i soliti problemi di Google Glass: quando l'ho provato io, l'aggeggio aveva poca batteria e continuava a surriscaldarsi. Aldred ha dovuto tenerlo un po' sotto il getto dell'aria condizionata prima che si rimettesse a funzionare.

Quando ha ripreso a funzionare, ho dovuto fare tutta la procedura per il sistema di controllo vocale “OK Glass” per usare l'app. Tuttavia è un primo passo interessante per un dispositivo controllato dalla mente, e le possibilità di utilizzo sono svariate.

Il direttore creativo, Chloe Kirton.

“A cosa arriveremo? Non ne siamo sicuri. Ci sono molte strade differenti che potremmo prendere,” ha detto Kirton. Anche se è divertente giocare a fare lo Jedi, un'interfaccia alimentata dal cervello ha degli ovvi utilizzi in campo medico, e il team è in contatto con varie organizzazioni che si occupano di persone con disabilità fisiche o disordini cerebrali che potrebbero beneficiare di questa tecnologia. Mi hanno detto che Stephen Hawking, che ha la sclerosi laterale amiotrofica, è interessato agli sviluppi del progetto.

A partire da oggi l'app è stata resa disponibile open-source su GitHub, con la speranza che con i prossimi sviluppi la tecnologia diventerà più conosciuta, essendo alla portata di tutti. Gli utenti, tuttavia, dovranno investire i propri soldi per i Google Glass e le cuffie NeuroSky.

Sono andata via da This Place ansiosa di sapere come quest'interfaccia, o altre simili, potranno svilupparsi. Scattare una foto e condividerla è divertente, ma la vera svolta sarà la progettazione di un dispositivo che ti permette di fare tutto ciò che ci si aspetta normalmente, soltanto attraverso il controllo cerebrale. E preferibilmente con un po' meno plastica sulla testa. Condividiamo già dei dati biologici con i nostri dispositivi; presto potremmo condividere anche un po' dei nostri dati neurologici.