Il dodo non era come l'hai sempre immaginato

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Il dodo non era come l'hai sempre immaginato

Nonostante i dipinti e i finti esemplari impagliati, non abbiamo la minima idea di come fosse davvero un dodo.

Di tutti gli animali in mostra al Museo di Storia Naturale di Londra, il dodo al pian terreno è sicuramente il più interessante.

Almeno per me. Quando vivevo a Londra andavo a visitarlo nelle mie esplorazioni solitarie della domenica mattina, e mi ritrovavo a fissare il suo muso triste in religioso silenzio. Mi sembrava che in qualche modo fosse un simbolo degli errori umani e della tragedia dell'estinzione.

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Quel dodo è una sorta di cimelio biologico, catturato e impagliato prima che la specie scomparisse all'inizio del diciottesimo secolo. Ma il dodo del museo, in realtà, non è affatto un dodo: è un Franken-dodo composto da parti di altri uccelli messe assieme per assomigliare a un animale che il suo creatore non aveva mai visto nella vita reale.

Julian Pender Hume è paleontologo, artista e autore di numerosi saggi sugli uccelli estinti, e co-autore di Lost Land of the Dodo. Gli ho chiesto via mail informazioni sull'origine del falso dodo, e quanto accurata potesse essere quella riproduzione dell'animale. "Per quanto ne so, i dodo imbalsamati (ce ne sono due) sono opera di Rowland Ward, uno dei più grandi tassidermisti vittoriani, e furono esposti per la prima volta nel Museo di Storia Naturale nel 1890," ha affermato. "Sono fatti di gesso e piume di cigno e oca."

Il risultato è una sorta di arazzo di influenze, più visive che letterarie, che fanno sì che sia una rappresentazione a metà tra la verità e la finzione, tra la biologia e l'immaginazione.

Questa immagine stilizzata del dodo è passata di mano in mano: "i modelli erano basati sul grosso dodo illustrato da Roelant Savery, il più prolifico di tutti i disegnatori di dodo," ha affermato Hume. "Uno rappresenta il dodo delle Mauritius, l'altro il dodo bianco della vicina isola di Rèunion. Ward aveva torto in entrambi i casi. Il dodo di Savery è ora considerato una brutta esagerazione del vero aspetto del dodo."

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In un video ripreso per il Museo di Storia Naturale, Hume ha reimmaginato il dodo in un dipinto più accurato dal punto di vista scientifico, correggendo il dodo di Savery dipinto alla fine del 1620. Ha spiegato che le illustrazioni precedenti esageravano l'aspetto del dodo, creando l'immagine che conosciamo oggi. "Era sicuramente un uccello più agile e in un reportage si parla di quanto potesse correre più velocemente di un essere umano," ha affermato. Il dodo imbalsamato bianco è un errore ancora più grande, dal momento che è un animale mai esistito realmente. "La sua esistenza è stata basata interamente su appunti di marinai, che poi si è scoperto parlavano di un altro uccello, l'Ibis di Réunion."

"È come se il dodo fosse morto una seconda volta."

Il dodo scomparve troppo velocemente per essere conosciuto e studiato in modo accurato. Nativi delle Mauritius, i dodo vengono menzionati in diari di bordo di marinai e mercanti di spezie. Negli anni, in un ecosistema senza predatori, l'uccello perse la necessità di volare. Le sue ali si restrinsero e il suo corpo si ingrossò.

Quando vennero portate creature non del luogo alle Mauritius a bordo di navi e le foreste di ebano vennero decimate, la popolazione di dodo calò. Dal momento che la Compagnia olandese delle Indie Orientali navigava in cattive acque, i suoi marinai finirono per dover mangiare la carne di dodo. Trovarono però che era dura e difficile da masticare, ma non c'erano molte alternative. L'uccello si estinse completamente nel 1710, quando la compagnia lasciò l'isola.

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La colonizzazione riscrisse la natura, introducendo nuove finzioni che divennero realtà nel momento in cui tali realtà cessavano di esistere. Un secolo e mezzo dopo l'estinzione, i naturalisti iniziarono a sostenere che il dodo non fosse mai esistito. L'uccello venne visto vivo per l'ultima volta nel 1688, e raffigurato dal vivo da Cornelis Saftleven nel 1638.

Man mano che il tempo passava, l'immagine del dodo perse le sue tracce nel mondo reale. L'unico scheletro di dodo completo trovato da Etienne Thirioux tra il 1899 e il 1917, non venne studiato fino all'anno scorso, quando venne sottoposto a una serie di scansioni in 3D per ricostruire l'aspetto dell'animale.

In altri musei sono presenti scheletri di dodo, che sono però insiemi compositi di ossa di altri animali, uno dei quali si trova al Museo di Storia Naturale di Harvard, che ha portato un visitatore esperto a dire, dopo la scoperta dell'imbroglio, "è come se il dodo fosse morto di nuovo."

Le corazze vengono formate dalle ossa di altri uccelli e imbottite per riempire le lacune delle nostra conoscenze. Si sa molto poco della vita dell'uccello: come si muovesse, le espressioni facciali e il colore delle sue piume.

E anche nella sua nuova vita oltre la morte, il dodo dà origine a nuove storie. Il dodo di Oxford si dice venne recuperato da un incendio da uno scienziato, dopo che il pezzo venne giudicato troppo rovinato per essere tenuto (una storia raccontata in questo pezzo del New Yorker). E gli stessi cimeli ispirarono Lewis Carroll a inserire la creatura in Alice nel Paese delle Meraviglie, in quella che si ritiene sia una parodia dell'autore stesso.

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Il rinoceronte di Dürer venne realizzato senza che l'artista avesse mai visto un rinoceronte dal vivo, che si basò soltanto su schizzi e descrizioni. L'immagine girò per tutta Europa ispirando altri artisti a crearne altre rappresentazioni, finché l'incisione non venne accettata come la rappresentazione definitiva dell'aspetto di un rinoceronte.

E se fosse successa la stessa cosa con il dodo? I rinoceronti esistono ancora, anche se la loro sopravvivenza è in pericolo, e sono pochi i bambini che crescono senza aver mai visto una fotografia o un video di un vero rinoceronte. Ma per il dodo la questione è diversa.

Ho chiesto a Hume se in un museo sia meglio avere un dodo falso piuttosto che non averlo, e lui mi ha risposto: "nonostante le cose siano molto cambiante nella nostra opinione del dodo e del suo aspetto, credo che, per motivi storici, i dodo non accurati debbano rimanere. Rappresentano ciò che si credeva e si sapeva dell'uccello al tempo."

Ma allora quando guardiamo i finti dodo impagliati nei musei siamo davanti a un'opera d'arte, a un reperto scientifico o a una combinazione di entrambi?

Forse dopo tutto il regno di appartenenza del dodo è davvero quello della fantasia: sebbene nel mondo reale sia estinto, nel Paese delle Meraviglie continua a vivere senza che la sua esistenza sia messa in pericolo dalle azioni umane.