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L'allegra storia del pescatore ubriaco che perse un occhio senza accorgesene

Una storia straordinaria a base di alcol, sangue, stoicismo estremo e sfortuna totale che ha sconvolto gli oculisti del XIX secolo.

Oggi vi parliamo di una storia curiosa che ci è stata tramandata dall'oculista scozzese William Mackenzie, che l'aveva scoperta in una rivista francese di oculistica del XIX secolo. Una storia a base di alcol, sangue, stoicismo estremo, sfortuna e Belgio, il genere di ingredienti che una volta rimescolati con cura nel grande pentolone che costituisce la vita, raramente producono come risultato una storia noiosa. La scena si svolge a Ostenda nel 1850 e il suo protagonista è un pescatore belga di 49 anni al ritorno da una di quelle serate che potremmo definire "impegnative." L'indubbio merito di questo racconto è che vi farà passare la voglia di lamentarvi della vostra condizione la mattina dopo di una serata in cui avete "bevuto troppo." Giudicate voi stessi (le citazioni sono tratte dal resoconto dedicato a questo caso contenuto nella opera principale di William Mackenzie, "Practical Treatise of the Diseases of the Eye"):

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"Una sera, un pescatore di Ostenda di 49 anni rincasò in uno stato avanzato di ebbrezza, mentre si spogliava, inciampò cadendo a peso morto contro la porta della sua stanza. Durante la caduta, la cavità orbitale destra colpì la chiave inserita nella serratura della porta, aprendo in due la palpebra superiore, penetrando nell'orbita, agendo come una leva e facendo così fuoriuscire il bulbo dalla sua orbita recidendone completamente i legami, così il bulbo rotolò a terra."

Dovete ammettere che si tratta di ben altro inconveniente rispetto a quella volta in cui vi siete ritrovati sbronzi a rotolare su voi stessi dopo una sbronza qualsiasi. Un'opera del genere, sembrano degne delle performance di body art. Ma è solo nel suo proseguimento che la storia sfocia nel sublime:

"Il paziente era così ubriaco che non aveva colto la gravità della lesione subita; dopo essersi denudato completamente, si sdraiò e si addormentò. Il mattino dopo, la moglie rimase stupita dalla quantità di sangue persa dal marito, per quello che pensava trattarsi di un piccolo infortunio alla palpebra; ma il suo stupore si trasformò rapidamente in terrore quando trovò un occhio sul pavimento della camera da letto."

Provate a immaginare per un attimo la quantità di alcol che l'uomo ha dovuto mandare giù per non rendersi conto di avere perso un occhio. Insomma i tempi dei Minor Threat e dello stile di vita straight edge erano ancora lontani, tuttavia il protagonista della nostra storia è riuscito a praticare l'auto-amputazione perfetta:

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"Il Dottor Verhoeghe, che abbiamo convocato subito, ha trovato l'uomo nel suo letto, con i vestiti intrisi di sangue, la palpebra superiore suddivisa in sei parti, l'orbita piena di sangue raggrumato e dei pezzi di muscoli occipitale che pendevano dalle palpebre. L'emorragia si era placata completamente.

Il bulbo era ancora intero; i muscoli che lo connettevano all'orbita erano stati recisi; il taglio del muscolo obliquo superiore e di quello retto superiore si trovavano a 2 centimetri di distanza. Quanto al nervo ottico, era stato tagliato a 2,5 cm dalla sclera. Un chirurgo non avrebbe saputo fare di meglio."

Ecco perché questa storia risulta così apprezzata dagli oculisti affascinati da questo caso più unico che raro di chirurgia involontaria eseguita dal paziente attraverso una combinazione di circostanze straordinarie. L'aspetto più sorprendente è che probabilmente il nostro eroe non è morto dissanguato e non si è svegliato nel cuore della notte per il dolore, a quanto pare, l'alcool ha agito da potente anestetico. Il fatto che questa storia si concluda sorprendentemente bene contribuisce a renderla così bella:

"La chiave risultava piegata ad angolo ottuso, dopo aver sopportato un colpo di tale peso. Il paziente è stato portato in un ospedale, i muscoli fuoriusciti sono stati rimessi dentro l'orbita e il taglio alla palpebra chiuso con un paio di punti di sutura. L'occhio è stato risciacquato con dell'acqua fredda, all'uomo è stata raccomandata una dieta leggera e così il paziente si è rimesso in breve tempo."

Ecco qui, si ricuce quello che si può, si applica un po' di acqua fredda—l'aspirina non era ancora stata inventata. Alla fine, il nostro uomo, ormai orbo, ha riconquistato il suo anonimato—che in realtà non aveva mai perso perché purtroppo il suo nome non ci è mai stato tramandato. Non è dato sapere se abbia proseguito a bere anche in seguito. Tuttavia, quasi 170 anni dopo questo episodio, la vicenda ci fa da monito: in caso di dubbio, non lasciate le chiavi dentro la toppa della porta.